In merito al decreto delegato sulla dirigenza ex articolo 11 della legge 124/2015, in via di emanazione da parte del Governo, le Confederazioni sindacali richiedono un confronto. Non si dichiarano pregiudizialmente contrarie al provvedimento ma sono convinte che, senza profonde modifiche al testo si rischia di creare confusione nella pubblica amministrazione
Le Confederazioni sindacali Cida, Confedir, Confsal e Cosmed, rappresentative, secondo la recente rilevazione Aran, di circa il 60% della dirigenza pubblica chiedono al Governo, un confronto sul decreto delegato (in via di emanazione) sulla dirigenza ex articolo 11 della Legge 124/2015.
Le Confederazioni non sono pregiudizialmente contrarie al provvedimento, tuttavia sono convinte che, senza profonde modifiche al testo in discussione, non solo non sarà possibile raggiungere l’obiettivo di modernizzare la dirigenza pubblica, ma si rischi perfino di creare confusione nella pubblica amministrazione.
Molte delle osservazioni che queste Confederazioni, ciascuna per proprio conto, hanno fin qui sviluppato nelle Audizioni parlamentari, hanno trovato ampio riscontro nel parere espresso dal Consiglio di Stato, che si condivide per le argomentazioni tecniche esplicitate ed in particolare per i rilievi in merito alla costituzionalità e all’aderenza alla delega del provvedimento. Una per tutte: la critica alla composizione delle commissioni preposte alla gestione dei tre ruoli unici che non danno sufficiente garanzia di terzietà e indipendenza rispetto al Governo.
Per le Confederazioni, la principale preoccupazione della dirigenza pubblica è costituita dal pericolo di un’ulteriore invasione del potere politico nella indipendenza ed autonomia delle pubbliche amministrazioni.
Cruciale in tal senso è il rischio di precarizzazione del ruolo dirigenziale che conseguirebbe dalle modalità di assegnazione degli incarichi come formulato nello schema di decreto delegato.
“Il fallimento di precedenti riforme – scrivono in una nota le quattro Confederazoni – è a nostro avviso legato al sistema di conferimento degli incarichi ai dirigenti la cui mancata assegnazione, in molti casi, ha rappresentato un evidente spreco di risorse umane ed economiche. Inoltre non c’è stata mai una seria valutazione del merito e dei risultati raggiunti alla base dell’affidamento degli incarichi. La discrezionalità politica nel conferimento degli incarichi, che in alcuni punti del provvedimento diventa persino ricattatoria, rischia di vanificare l’intero impianto della riforma. Deve essere chiaro che l’affidamento dell’incarico è un diritto del dirigente, peraltro sancito dai contratti di lavoro, e che rappresenta la premessa per una corretta valutazione della prestazione dirigenziale. Non devono esistere dirigenti privi di incarico se non in caso di valutazione negativa”.
“Anche le penalizzazioni economiche – proseguono le Confederazioni – dovrebbero essere determinate solo in conseguenza di valutazioni negative espresse e motivate. In tal senso andranno salvaguardati i diritti economici acquisiti sia con l’immissione in ruolo a seguito di pubblico concorso sia con l’affidamento dell’incarico in assenza di valutazione negativa. Il sistema di valutazione andrà approfondito in sede di approvazione del regolamento nella cui stesura appare indispensabile una consultazione preventiva delle Confederazioni sindacali”.
Cida, Confedir, Confsal e Cosmed auspicano “un testo agile che persegua gli obiettivi fondamentali limitando gli aspetti punitivi, in particolare quelli non motivati e che rimetta alla contrattazione spazi praticabili per la premialità del merito. Non possiamo che segnalare la forte attesa della Dirigenza pubblica di un segnale di attenzione e di fiducia. Riteniamo che una riforma condivisa della dirigenza sia un opportunità per il Paese, per questo attendiamo una risposta del Governo che vada nella direzione da noi indicata”.
28 ottobre 2016 – QS – 30 ottobre 2016