Amedeo La Mattina. Renzi vuole un confronto televisivo con Grillo per smascherare la sua «ipocrisia populista». Intanto il premier è riuscito a togliere la mina dal campo referendario. La proposta dei 5 Stelle sul taglio delle indennità parlamentari è stata rispedita in commissione con i voti della maggioranza contro quelli di tutta l’opposizione (centrodestra incluso che temeva di essere scavalcato dai grillini).
In tribuna Grillo e fuori Palazzo Montecitorio un centinaio di militanti che aspettavano i leader del Movimento. Il primo a uscire è stato Di Battista che ha definito i deputati del Pd «ignobili, gentaglia pericolosa». Ora l’appuntamento è il 4 dicembre, il giorno del referendum, per difendere «quei brandelli di sovranità popolare che ancora resistono». Via tweet arrivano i messaggi del comico genovese che se la prende sempre con il partito di Renzi e i suoi parlamentari che si sono «autonominati vacche sacre», cioè intoccabili. Tradendo «la fiducia e il mandato che hanno ricevuto dagli elettori». Ma i Democratici, che secondo Di Maio hanno «gettato la maschera», non rimangono in difesa. In aula con il capogruppo Rosato hanno attaccato a testa bassa. Si è rivolto a Grillo, che stava in alto alle sue spalle, e gli ha consigliato di farsi un giro anche al Campidoglio per chiedere conto dei costi, delle auto blu, delle consulenze. «Non si può fare solo opposizione ma bisogna pure saper governare», ha detto il capogruppo dem, che ha voluto ricordare quanto è stato fatto per tagliare i costi della politica. Ovvero, sono stati cancellati 468 milioni di rimborsi all’anno ai partiti e 300 milioni della Camera. Per non parlare del fatto, ha aggiunto Rosato, che ogni parlamentare Pd versa al partito da mille a 4 mila euro al mese. «Una bufala», per i grillini sfidati con la riforma costituzionale che taglia le indennità di tutti i senatori e con la proposta lanciata da Renzi qualche giorno fa (legare le indennità alle presenze in Parlamento).
In ogni caso, dice Renzi a Bruno Vespa, «mi inviti un giorno a Porta a Porta con Grillo, si fa due chiacchiere». «Grillo è nato dicendo al Vaffa day: vogliamo i referendum propositivi e sono in riforma, le petizioni popolari devono essere per forza discusse ed è in riforma, c’è la riduzione dei senatori e sono cancellati i rimborsi dei consiglieri regionali. Grillo in difficoltà deve dire no e si è inventato la mossa di oggi».
Tutto si gioca sul piano elettorale del referendum, quello che Bersani chiama «il ping pong tra demagogie». L’ex segretario Pd invita a trovare un punto di equilibrio tra lo stipendio di un parlamentare e quello di un sindaco. «Era una delle tante cose che mi ero impegnato a fare per gli italiani e avevo proposto ai 5 Stelle ma che loro avevano rifiutato. Penso che sia un impegno dirimente parlarne in commissione, poi tornare in aula e approvarla».
La Stampa – 26 ottobre 2016