Il mese scorso alcuni delegati dell’amministrazione di New York sono venuti a “studiare” Milano e il suo modello di gestione dei rifiuti, a partire dalla raccolta differenziata. Il capoluogo lombardo spicca nelle cronache in quanto grande città virtuosa, ma i numeri raccontano che il sistema della differenziata cresce in media in tutta Italia, insieme alla capacità di avvio al riciclo: passaggio necessario a quell’economia circolare che punta a trasformare i rifiuti in risorse.
Nel complesso, a fine 2015, il Paese ha raggiunto quasi il 46% di avvio al riciclo dei rifiuti (con il 49,3% di raccolta differenziata). E ad aver già valicato l’obiettivo Ue del 50% – fissato al 2020 – sono ora nove Regioni (una in più dell’anno scorso, la Valle d’Aosta) e 3.549 Comuni, in crescita del 13% rispetto al 2014 (e del 58% sul 2013). Quanto alle città metropolitane, il traguardo stabilito dalla direttiva 98/2008/Ce è stato superato, oltre che a Milano, a Torino e Venezia (new entry), località dove anche i livelli di differenziata sono oltre la soglia del 50 per cento.
I numeri – che verranno presentati oggi a Roma nella sede dell’Anci – emergono dal VI Rapporto banca dati di Anci e Conai (Consorzio nazionale imballaggi) e sono stati trasmessi dai gestori dei servizi di raccolta dei rifiuti urbani o dai Comuni stessi convenzionati con i consorzi di filiera e dalle Regioni, arrivando a coprire quasi il 95% della popolazione totale.
Nel 2015 si sono evidenziati, dunque, una lieve salita della produzione di rifiuti urbani (+0,78%) e un aumento della raccolta differenziata (+3,32%) più marcato di quello dell’avvio a riciclo (+1,77%). Sono soprattutto le Regioni del Nord – esclusa la Liguria – a superare la quota di intercettazione media nazionale di raccolta differenziata, pari a 253,2 kg per abitante (+7,9%). L’intercettazione corre più del totale dei rifiuti prodotti.
«Ma se la raccolta viene eseguita male, si traduce in un valore puramente nominale. Il fine ultimo – commenta Fabrizio Bernocchi, delegato Anci alle politiche energetiche e ai rifiuti – è infatti quello del riciclo effettivo, ecco perché è fondamentale guardare alla qualità della raccolta: un miglior livello consente di evitare emissioni inquinanti e di ridurre le tariffe al cittadino. Si ottiene cioè un minor conferimento in discarica, abbassando i costi ambientali».
Se tutto il materiale risultasse nella prima fascia di qualità, si avrebbe insomma un allineamento tra i due valori di raccolta differenziata e riciclo, con evidenti ritorni. «Mentre i rifiuti di terza fascia sono destinati a termovalorizzatori e discariche – sottolinea Bernocchi –, dal punto di vista economico la seconda fascia viene infatti remunerata meno rispetto alla prima, con una differenza che oscilla tra i 20 e i 100 euro a tonnellata, a seconda dei materiali. Negli ultimi anni gli accordi Anci-Conai hanno puntato molto sul tema della qualità. Certo, occorre recuperare il più possibile, ma è poi la fase del riciclo a restituire materie prime secondarie utili all’economia circolare e che l’industria italiana deve essere pronta a cogliere. Il discorso della circolarità chiama in causa tutti gli attori: dai produttori fino ai cittadini, che sono seduti su una vera “miniera” urbana».
Tenere elevati entrambi gli indicatori (differenziata e riciclo) non è semplice, ma è l’impegno da assumere. Tra le Regioni in cui è stato superato l’obiettivo di avvio a riciclo imposto dalla normativa europea per il 2020, solo il Trentino-Alto Adige ha passato anche il traguardo di legge del 65% di raccolta differenziata (previsto dal Dlgs 152/2006), al quale sono vicine Marche e Friuli-Venezia Giulia.
Il trend generale degli ultimi cinque anni è in progressiva ascesa. Sul piano regionale, nel 2015 si sono però notate alcune variazioni negative: sul riciclo, per esempio, Umbria, Sardegna e Sicilia hanno compiuto dei passi indietro. Se la Sardegna resta in ogni caso tre le “top 10” (insieme alle Marche, unica Regione non settentrionale) e la Sicilia risulta parecchio distante anche dai valori delle altre zone del Sud (già mediamente inferiori, si veda l’articolo a fianco), il caso dell’Umbria è emblematico della necessità non solo di raggiungere, ma di mantenere e consolidare i risultati. Pur con un dato di intercettazione rifiuti pro capite superiore alla media nazionale, l’Umbria segnala infatti il 39,33% di avvio al riciclo, che equivale a un crollo rispetto al 49,42% del 2014, quando sembrava quasi raggiunta la soglia europea, con grande anticipo.
«Molto dipende dalle situazioni specifiche. Le dinamiche mutano di territorio in territorio, e nel caso dell’Umbria si dovranno fare delle valutazioni per capire quel che è accaduto. In Italia – osserva Bernocchi – abbiamo località di eccellenza, per questo intendiamo premiare le “circular city”, e a livello di sistema Paese non faticheremo a metterci in linea con i dettami della Ue. Basti pensare che anche Campania, Toscana e Abruzzo sono già prossime all’obiettivo. Ma credo che sia opportuno assumere dei provvedimenti straordinari per il Mezzogiorno e prevedere una norma che tagli i tempi della programmazione del piano rifiuti».
Il Sole 24 Ore – 24 ottobre 2016