Il giorno dopo la frattura è netta: da un lato chi teme di rimetterci, dall’altro chi spera di guadagnarci, in mezzo al guado chi fa buon viso a cattivo gioco. La riforma della sanità approvata mercoledì notte dalla Regione divide i sindaci di centrodestra: se la nascita dell’Azienda zero mette tutti d’accordo, la decisione di allestire nove Usl (una per provincia più Pedemontana Bassanese e Veneto Orientale) suscita reazioni contrastanti anche tra i compagni di partito e tra gli alleati del governatore Luca Zaia.
Le critiche, come prevedibile, arrivano soprattutto dall’Alta padovana e sono legate alla soppressione dell’Usl 15, riconosciuta come la migliore d’Italia dal Ministero della Salute in quanto a efficienza. Mirko Patron, sindaco di Campodarsego, non nasconde il disappunto: «L’Usl 15 era un gioiellino, questo accorpamento ci penalizzerà. Io di solito sono favorevole alle aggregazioni, ma quando c’è un sistema che funziona bene ritengo che si debba conservare e chi si definisce federalista dovrebbe stare attento al territorio: diciamo sempre che cerchiamo di stare vicini ai cittadini ma così ci allontaniamo. I 28 comuni del Camposampierese avevano assegnato le deleghe del sociale all’Usl, sono preoccupato anche per questo». Ad ogni modo, l’approvazione della riforma è solo il primo passo del percorso: «Io sono abituato a lavorare – chiude Patron -. Aspetto il piano industriale per capire se ci sono dei risparmi e dove vanno».
L’Usl di Sandonà nasce per rispondere all’afflusso di turisti durante la stagione estiva, quella di Bassano è una specie di risarcimento per la soppressione del tribunale e la mancata assegnazione della Provincia. Ma il sindaco di Cittadella Luca Pierobon ne avrebbe fatto volentieri a meno: «Fa specie che ci sia un’azienda per provincia tranne due casi, per giunta relativi a territori con dimensioni infinitesimali. Comunque sono abbastanza sereno, le nostre specialità mi sembrano al sicuro». In passato Pierobon aveva sottoscritto un documento per la salvaguardia dell’Usl 15: «L’avevo fatto quando era emersa la proposta di istituire più di una Usl all’interno di alcune province, ma non sono mai stato contrario all’ipotesi delle sette Usl. Del resto Zaia ha vinto le elezioni anche grazie a questo impegno: l’obiettivo era chiaro fin da subito, non si può dire che la Regione abbia detto una cosa e poi ne abbia fatta un’altra. Di sicuro la riforma riduce i costi amministrativi e può essere un’opportunità anche per l’Alta padovana: lo scambio tra ospedali farà crescere anche i nostri professionisti, poi starà al direttore generale il compito di trovare l’equilibrio».
Resta il fatto che l’Usl dell’Alta Padovana ha un bilancio in attivo di un milione, mentre le due sorelle con cui dovrà fondersi per dare vita alla nuova Usl Euganea hanno un deficit di 24 milioni a testa: «Quello dei bilanci è un discorso complicato – commenta Pierobon -. Bisogna valutare in rapporto agli investimenti perché il trasferimento procapite è diverso da Comune a Comune: per il nostro territorio la fusione potrebbe anche essere un vantaggio, è tutto da vedere. Ora aspettiamo la riforma delle schede ospedaliere per capire quale sarà la reale ripartizione dei servizi tra gli ospedali: si è fatta tanta confusione ma la parte importante inizia adesso. E Zaia non permetterà la chiusura dei nostri reparti». Passando dall’Alta alla Bassa, il sindaco di Monselice Francesco Lunghi saluta la riforma con soddisfazione: «È una grande sfida, il compito di vincerla spetta alla nuova gestione. Non sono convinto che porterà un risparmio ma sicuramente garantirà un servizio più omogeneo. Con cinquecento posti letto, l’ospedale di Schiavonia sarà il più grande della nuova Usl: partiamo in vantaggio proprio perché abbiamo già chiuso quattro ospedali per farne uno». «Auspico che il servizio possa migliorare – commenta il dg dell’Azienda ospedaliera Luciano Flor -. Ora dobbiamo creare un percorso che consenta ai pazienti di conoscere davvero dove effettuare le cure migliori».
Alessandro Macciò – Il Corriere del Veneto – 21 ottobre 2016