La Legge di Bilancio del 2017 dovrebbe arrivare alla Camera con almeno un paio di giorni di ritardo rispetto alla scadenza di legge, fissata per oggi, 20 ottobre, quindi tra domani e sabato, se non lunedì. E potrebbe essere preceduta dal decreto fiscale, che prevede la rottamazione delle cartelle di riscossione e l’incorporazione di Equitalia nell’Agenzia delle Entrate.
A quattro giorni dall’approvazione «salvo intese» da parte del Consiglio dei ministri, i due provvedimenti, attesissimi, ieri erano ancora in fase di limatura da parte dei tecnici dell’esecutivo. L’accordo politico nel governo non è in discussione. C’è qualche problema, invece, nella definizione giuridica di alcune misure, a cominciare dall’Anticipo pensionistico, come nel coordinamento dei testi. La riforma della contabilità pubblica, che da quest’anno accorpa nella stesso provvedimento il bilancio a legislazione vigente e quello che tiene conto delle misure introdotte, avrebbe poi complicato il lavoro della Ragioneria dello Stato, che deve soppesare ogni intervento discrezionale per poi calarlo nel nuovo quadro dei conti pubblici. «Stiamo cercando di accelerare al massimo e contiamo di chiudere in un paio di giorni» assicuravano ieri dall’esecutivo. Alla Camera, dove la legge arriverà in prima lettura, c’è invece più scetticismo. I più si attendono la manovra non prima di lunedì.
Sarebbero stati invece già tutti risolti i punti ancora in sospeso del decreto legge fiscale. Tanto che non si esclude, appunto, la sua presentazione in Parlamento prima della legge di Bilancio, forse anche oggi stesso. Le ultime incertezze sul decreto riguardavano la tipologia delle cartelle alleggerite da sanzioni ed interessi di mora, e la durata della rateizzazione. La rottamazione dovrebbe riguardare le cartelle relative ai tributi statali, ai contributi previdenziali e, quasi certamente alle multe e ai tributi locali. La rateizzazione massima sarebbe di tre anni.
Il ministero dell’Economia, intanto, sta chiudendo il decreto che fissa i nuovi tetti agli stipendi dei manager delle società pubbliche. Queste dovrebbero essere divise in cinque fasce, per dimensione, a ciascuna delle quali corrisponderà un limite retributivo. Per le meno importanti si profila un tetto massimo agli emolumenti dei vertici di 100 mila euro annui lordi.
Mario Sensini – Il Corriere della Sera – 20 ottobre 2016