Dottor Antonio Ferro, domani la commissione Sanità inizierà la discussione sull’opportunità o meno di reintrodurre l’obbligo vaccinale, sospeso dalle legge regionale 7 del 2007 di cui lei è l’estensore. Oggi è il presidente per il Triveneto della Società italiana Igiene e Medicina preventiva, all’epoca dirigeva il Servizio di Sanità pubblica: come arrivò a questa scelta?
«Era stata a lungo meditata e discussa dalla Società italiana d’Igiene e fu sancita dai medici igienisti in un documento di indirizzo approvato nel 2001 a Milano. Il ministero della Salute ci sostenne in questa esperienza pilota, la cui filosofia è preferire l’informazione e la persuasione all’imposizione legale. Attenzione però, la legge regionale parla di sospensione e non di eliminazione dell’obbligo vaccinale».
Nel resto dell’Italia rimane.
«Perché è molto più facile appoggiarsi al diktat piuttosto che spiegare e convincere i genitori della necessità di tutelare con la prevenzione i figli».
Se tornasse indietro lo rifarebbe?
«Sì. Questa è un’ottima legge, che prevede l’eventualità della reintroduzione dell’obbligo vaccinale per cause contingenti o riduzione dei tassi di copertura con un’ordinanza del presidente della Regione. Un iter molto più veloce rispetto a una norma abrogativa come quella depositata dal Pd».
Dal 2008 il Veneto ha perso molti punti di copertura.
«Un ruolo fondamentale lo ha giocato il web. Nel 2012 i primi 10 termini legati ai vaccini erano di siti contrari. Siamo corsi ai ripari creando il sito Vaccinarsi , in due anni diventato il più utilizzato dagli italiani (2500 accessi quotidiani, ndr ): ha lanciato molte iniziative collaterali pro vaccinazioni. Ci sono poi colleghi medici che sollevano dubbi sulle stesse, ma senza basi scientifiche. Infine il calo delle coperture, definito esitazione vaccinale, è ampiamente diffuso in Italia e in Europa, quindi non è correlato alla nostra legge».
Ritiene opportuno ripristinare l’obbligo?
«Non spetta a me dirlo, ma al Comitato scientifico composto da esperti e presieduto dal direttore della Prevenzione del ministero della Salute. Il comitato ha definito la soglia di attenzione al 90% e di allarme all’85% per la copertura vaccinale. I dati 2015 evidenziano che il Veneto ha una copertura per la polio del 91,7% e le coperture ventennali precedenti ci mettono al riparo dal rischio epidemie per l’effetto gregge, che si ottiene con coperture dell’85%. Vero è che ci sono alcune aree, come Bassano e Asolo dove sono più attivi i gruppi del no, in cui siamo scesi al livello di attenzione e vicini alla soglia di allarme. Valuterà il comitato se reintrodurre l’obbligo in queste aree, ma la possibilità di vaccinare d’imperio chi non riusciamo a immunizzare per convinzione è più virtuale che reale».
Cosa pensa dell’idea di imporre l’obbligo vaccinale per l’iscrizione a scuola?
«E’ difficile da un punto di vista normativo, in quanto Salute e Istruzione sono diritti di pari grado. E comunque se ci si pensa anche per il resto d’Italia, dove vige l’obbligo vaccinale generale, significa che quest’ultimo è disapplicato e non produce risultati. Se non quello di esasperare il contrasto con i contrari e creare martiri di cui l’ideologia si nutre».
L’obbligo doveva essere sostituito da massicce campagne di informazione. Non è andata così.
«I dati di copertura degli ultimi quattro semestri mostrano finalmente un’inversione di tendenza, con un trend in crescita delle coperture che ci permettono un tiepido ottimismo, nella speranza che non si lancino campagne mediatiche sulle vaccinazioni capaci di creare panico. L’offerta gratuita di tutti i sieri, il miglioramento del sistema vaccinale pubblico, l’intesa con i pediatri di libera scelta, un’adeguata campagna di comunicazione già avviata dalla Regione e un ulteriore investimento di risorse umane rappresentano un baluardo per le coperture in Veneto. Anche in regime di libertà vaccinale».
Il Corriere del Veneto – 18 ottobre 2016