di Barbara Gobbi. La tubercolosi riprende a correre e gli obiettivi fissati a livello mondiale per la sua eradicazione – la riduzione del 90% dei decessi e dell’80% dei casi diagnosticati tra 2015 e 2030 – si allontanano a passi da gigante. A lanciare l’allarme su una patologia che sembra sfuggire dal controllo dei governi è l’Organizzazione mondiale della Sanità, nel suo Report 2016.
Serve un colpo di reni nella prevenzione, nella diagnosi e nel trattamento della malattia, è il messaggio lanciato, se davvero si vuole riempire di contenuti gli obiettivi globali. «Servono sforzi massicci – afferma senza mezzi termini la direttrice generale dell’Oms Margaret Chan -. In caso contrario i Paesi continueranno a inseguire questa malattia mortale e a fallire gli obiettivi». Ovvio che c’è Paese e Paese, e questo è un problema nel problema: il report continua a registrare forti disuguaglianze nell’accesso a diagnosi e trattamenti costo-efficaci, l’assenza, in troppi casi, di scelte istituzionali decisive mentre, dall’altro lato, chiede a gran voce un aumento e una giusta allocazione delle risorse. Il report Oms sulla Tbc
Altrimenti la minaccia Tbc, che sembrava gestibile fino a diventare residuale, continuerà a rivelarsi per quello che è oggi: un’emergenza decisamente sottostimata. Tre milioni le vite salvate, 10,4 milioni i casi stimati nel 2015. Nello stesso anno, 1,8 milioni di decessi, di cui 0,4 milioni in persone co-infettate dall’Hiv. E per quanto, nel complesso, le morti sono diminuite del 22% tra 2000 e 2015, la malattia è rientrata l’anno scorso tra le principali 10 cause di morte globale, più di Hiv e malaria.
Sei Paesi – ricordano ancora dall’Oms – pesano per il 60%: prima l’India, seguita da Indonesia, Cina, Nigeria, pakistan e Sud Africa. Qui la sfida è all’origine: è drammatico il bisogno di incrementare i test e di registrare i nuovi casi. Dei 10,4 milioni di nuovi casi stimati, solo 6,1 milioni sono stati ufficialmente notificati nel 2015. Ne restano fuori 4,3 milioni: sfuggono alle maglie soprattutto nei Paesi dove sono presenti ampi settori privati non regolamentati, e restano non siagnosticati nei paesi dove l’accesso alle cure è a ostacoli.
Il risultato complessivo è un tasso di riduzione della Tbc immobile: 1,5% sia nel 2014 che nel 2015. Mentre urge, spiegano gli esperti Oms, «un’accelerazione del 4-5% da qui al 2020 per centrare il primo traguardo fissato dall’Oms nella sua “End Tb Strategy”.
Il nodo della multiresistenza ai farmaci. La multiresistenza (MDR-TB)?ha interessato nel 2015, sempre secondo le stime dell’Organizzazione, circa 480mila persone. India, Cina e Federazione Russa insieme cumulano la metà dei casi.?Nel 2015, solo uno su cinque casi che avrebbero dovuto beneficiare di trattamenti di seconda linea, sono riusciti a beneficiarne. Mentre il tasso di cura continua a restare basso ovunque, intorno al 52 per cento.
Il gap delle risorse. Mancano all’appello 2 dei 3 miliardi necessari nel 2016 per fronteggiare l’emergenza Tbc nei Paesi a basso e medio reddito. Un “buco” che arriverà a 6 miliardi nel 2020, a meno di rimpinguare gli investimenti necessari a contrastare la malattia. Soltanto i Paesi Brics (Brasile, Federazione Russa, India, Cina e Sud Africa) riescono a far fronte fanno fronte da soli all’84% del finanziamento. Tutti gli altri dipendono pesantemente dai donatori internazionali del Global Fund.
Il Sole 24 Ore sanità – 14 ottobre 2016