Sono quattro i canali per accedere all’Ape a costo zero e la prestazione sarà di natura assistenziale e non previdenziale. A due giorni dalla chiusura del “dossier pensioni” che verrà presentato ai sindacati venerdì mat tina a palazzo Chigi è questo uno dei punti fermi cui sono giunti i tecnici della Presidenza del Consiglio e dei ministeri.
Il confronto è ancora aperto, soprattutto con la Ragioneria generale dello Stato, per definire l’elenco dei cosiddetti lavori gravosi che saranno ammessi al prestito-ponte agevolato fino a 3 anni e sette mesi per raggiungere la pensione. Si tratta dell’ultimo dei quattro canali per l’Ape social, visto che gli altri restano quelli fissati nel verbale del 28 settembre: lavoratori disoccupati con ammortizzatore scaduto, lavoratori invalidi o con carichi famigliari particolarmente onerosi. Fermi restando , naturalmente, i requisiti di età (61-63 anni) e di contribuzione (20 anni).
Un altro punto fermo del “pacchetto previdenza” destinato ad essere inserito nella prossima manovra è quello del cumulo gratuito dei periodi contributivi. Con una novità dell’ultima ora: per i dipendenti pubblici il pagamento del trattamento di fine servizio (Tfs) o di fine rapporto (Tfr) scatterà solo alla maturazione del requisito di vecchiaia o di anticipo calcolato ante-cumulo. Significa che se oggi il pagamento del Tfs avviene con 24 mesi di posticipo dopo il pensionamento, con il cumulo gratuito potrebbe arrivare anche con 5-6 anni di ritardo.
È sulle platee ammesse all’Ape social che si appuntano, naturalmente, le attenzioni dei sindacati ma anche quelle politiche. Ieri il presidente della Commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi, ha messo in guardia il Governo definendo «divisiva» questa misura. «Occorrono soluzioni di flessibilità previdenziale rivolte a tutti – ha scritto sul blog dell’Associazione amici di Marco Biagi – inclusi operai qualificati, impiegati, quadri, anche quando non possono disporre di un genitore disabile, che altrimenti si troverebbero senza salario e senza pensione». Mentre l’Ape onerosa, ha aggiunto Sacconi, «non sarà peraltro utilizzata perché non conveniente. Meglio ripensare a percorsi di uscita anticipata, a carico insieme delle imprese e dello Stato, anche nella consapevolezza che il part-time incentivato negli ultimi anni di lavoro non interessa né ai lavoratori né agli imprenditori come testimoniano i numeri della bassissima adesione».
Le platee dell’Ape social – ieri è anche trapelata l’ipotesi di un rinvio all’anno prossimo della selezione della dozzina di categorie di lavori “gravosi” – coincideranno almeno in parte con quelle che avranno accesso ad altri strumenti per l’uscita anticipata, questa volta di natura previdenziale, come il “bonus” precoci che, lo ricordiamo, verrà riconosciuto a chi ha almeno un anno di contributi versati prima dei 18 anni e ha raggiunto i 41 anni di contribuzione totale. E non è da escludere che lo stesso accada per gli “usuranti”, cui verrà garantita una semplificazione (la cancellazione dell’ultimo anno di lavoro pesante per chi ha garantito i 7 anni pesanti sui 10 finali o il 50% almeno di vita lavorativa gravosa). Sovrapposizioni di platee potenziali su cui è appuntata l’attenzione della Ra gioneria generale, alla ricerca di tutti i risparmi possibili su un insieme di misure cui s’è aggiunto il “fuori sacco” dell’ottava salvaguardia, da rifinanziare con un decreto legge che verrà poi assorbito nel Ddl di Bilancio (servirebbe per circa 20mila esodati non ammessi alle prima sette salvaguardie fin qui effettuate) contando sulla minore spesa effettuata quest’anno.
Per i “pensionandi” le risorse disponibili oscillano attorno ai 500 milioni e serviranno per finanziare l’Ape nelle sue tre forme: social, di mercato e aziendale; il cumulo gratuito dei periodi contributivi e le semplificazioni per precoci e usuranti. Poche risorse da calibrare con attenzione sulle platee più “ballerine” tenendo conto della portata dell’assegno che verrà erogato. Non è chiaro, per esempio, come sarà definito l’importo del reddito ponte verso la pensione per le persone che rientreranno nell a possibilità di accedere all’Ape social. Sembra che non sia scontato che l’importo sia a livello della Naspi (assegno di disoccupazione legato all’ultima retribuzione con un limite massimo a 1.300 euro) ma che ci sia una pressione da parte della Ragioneria per un livello molto più basso (ci sarebbe l’esempio dell’Asdi, ovve ro l’assegno di sussistenza previsto per gli over 55 che hanno esaurito gli ammortizzatori sociali che ammonta a 448 euro). Mentre sull’Ape volontaria (o di mercato) è spuntata pure l’ipotesi che il prestito oneroso possa essere chiesto anche in costanza del rapporto di lavoro, come forma di integrazione al reddito, magari per chi optasse per un part-time negli ultimi tre anni di lavoro.
Le risorse complessive per il prossimo anno dovrebbero aggirarsi tra 1,2 e 1,6 miliardi (per salire a sei miliardi in tre anni, secondo le indicazione date dal ministro de Lavoro, Giuliano Poletti). Due terzi di ques ti finanziamenti saranno distribuiti ai pensionati (700 milioni alle 14esime vecchie e nuove e 260 milioni per l’estensione della “no tax area” ai redditi da pensione fino a 8.125 euro).
Davide Colombo e Marco Rogari – Il Sole 24 Ore – 12 ottobre 2016