Acqua contaminata da Pfas, spuntano i primi casi di limiti sforati e il Comune rilancia la necessità di censire i pozzi cittadini e di provvedere alle analisi. Dal 2013 è stata riscontrata la presenza sostanze perfluoro alchiliche (i Pfas) in acque sotterranee, acque superficiali e acque potabili di buona parte del Basso Veneto. Si tratta di sostanze inquinanti che possono essere dannose per gli esseri umani.
Per questo i principali enti di tutela e di governo (Cnr, Ministero, Istituto superiore di sanità e Regione) hanno attivato un piano di monitoraggio del territorio per valutare l’effettiva presenza e incidenza di questi inquinanti. Nell’aprile 2014, in particolare, la Regione ha invitato i Comuni a dotarsi di un’ordinanza per imporre ai cittadini di denunciare la presenza di pozzi e di effettuare negli stessi delle analisi specifiche. Il Comune di Montagnana ha emesso l’ordinanza il 6 febbraio 2015, destinata a chi utilizza pozzi per attingere acqua a scopo alimentare o irriguo.
I risultati. Mentre nei giorni scorsi altri sindaci del Montagnanese hanno reso noti alcuni risultati di analisi che segnalavano l’assenza di Pfas nei pozzi monitorati, il vicesindaco di Montagnana Beniamino Veronese ha lanciato l’allarme per il proprio Comune: «Dall’ordinanza del febbraio 2015 solo due pozzi sono stati censiti e i valori Pfas per entrambi risultano superiori ai limiti previsti come obiettivo dall’Istituto superiore della sanità».
I dati non sono stati resi noti ma si parla di valori tre volte oltre il limite. Per questo il Comune ha rilanciato l’esigenza di monitorare la situazione, pubblicando un nuovo avviso nella homepage del sito istituzionale: il sindaco Loredana Borghesan, nel documento, chiede ai cittadini che utilizzano pozzi a fini alimentari e irrigui di denunciarne l’esistenza entro il 17 ottobre. Nel sito è pubblicato anche un apposito modulo. In questo nuovo avviso non viene sottolineata la necessità di compiere anche analisi, che tuttavia è implicita nell’ordinanza emesso un anno e mezzo fa.
I costi. A scoraggiare il censimento e l’obbligo di analisi c’è sicuramente il costo. Ogni cittadino, in linea teorica, dovrebbe provvedere autonomamente alla spesa della pratica. Se segnalare il pozzo al Comune non costa nulla, provvedere a una seria analisi dell’acqua può costare anche 150 euro (il prezzo è variabile a seconda delle dotazioni dei singoli laboratori privati). I clienti dei Comuni gestiti dal Centro Veneto servizi possono in realtà chiedere le analisi delle acque emunte dai propri pozzi privati a un costo calmierato. Compilando un modulo reperibile anche su www.centrovenetoservizi.it sarà possibile recarsi presso uno sportello Cvs (a Montagnana si trova in via Papa Giovanni XXIII) per ritirare istruzioni e flacone per il prelievo. Il costo del servizio ammonta a 90 euro più Iva. Il servizio è invece svolto gratuitamente, con costo a carico di Cvs, per i richiedenti residenti in aree non raggiunte dall’acquedotto.
Il Mattino di Padova – 28 settembre 2016