di Giuseppe Remuzzi. A mal ha sei anni, vive in Bangladesh, ha un’enterite virale, un virus che nelle zone povere del mondo uccide. Ma Amal guarirà. Un po’ perché la mamma l’ha allattato al seno più di quanto non si faceva una volta e poi perché l’acqua è più pulita adesso. E come Amal oggi ce ne sono tanti e i bambini muoiono di meno anche di polmonite, meningite, morbillo e varicella.
Come lo sappiamo? Da uno studio che è già una pietra miliare nella storia della medicina («Global Burden of Disease») pubblicato tre giorni fa da Lancet , e che da qualche anno fotografa lo stato di salute del mondo.
È frutto di uno sforzo (ciclopico è il caso di dirlo) di 716 scienziati di 515 istituzioni in quasi 200 Paesi del mondo coordinati da Christopher Murray della Washington University a Seattle. L’idea è partita nel 2007 dalla Banca Mondiale e è coinvolta l’Organizzazione Mondiale della Sanità, poi ci sono Harvard, John Hopkins e l’Imperial College di Londra e tantissimi altri. E i soldi per tutto questo? Quelli vengono da Bill e Melinda Gates.
Dal 1990 a oggi rispetto ai 33 indicatori che sono stati presi in esame al mondo c’è molta più gente coperta per le malattie da qualche forma di assicurazione (del governo o privata). La procreazione è molto più consapevole, muoiono meno bambini e neonati sotto i cinque anni, ma siamo ancora molto lontani dagli obiettivi fissati dalle Nazioni Unite per il 2030 perché quanto a obesità, consumo di alcol e violenza si muore oggi come allora.
E il Lancet nelle 38 pagine di questo, che è ormai il terzo rapporto di questo genere, ha messo in fila 188 Paesi del mondo utilizzando una scala da 0 a 100. Prima è l’Islanda con un punteggio di 85, ultima è la Repubblica del Centro Africa con 20 punti (ma sempre in Africa Etiopia e Kenya hanno fatto passi avanti enormi, hanno investito di più nei servizi di salute, per mamme e bambini soprattutto, e i risultati non sono tardati a venire). Gli Stati Uniti arrivano a 75 punti dietro Slovenia, Grecia e Giappone tutti e tre a 76.
E l’Italia dov’è? Abbiamo 78 punti come il Portogallo. Una grande delusione, almeno per me. Mi sarei aspettato di trovare l’Italia se non proprio fra i primi Paesi almeno dentro i dieci di testa che sono nell’ordine Islanda, Singapore, Svezia, Andorra, Regno Unito, Finlandia, Spagna, Olanda, Canada e Australia. Invece no, se si escludono i paesi poveri e poverissimi siamo a metà classifica. Meglio di noi, a parte i primi dieci fanno Norvegia, Lussemburgo, Irlanda, Malta, Germania, Danimarca, Cipro, Belgio e Svizzera.
Cosa c’è che non va da noi? Troppi adulti e soprattutto troppi bambini in sovrappeso; di chi ci precede solo Malta è messa peggio di noi. Andiamo male come qualità dell’aria e fumo di sigaretta, e per ciò che riguarda l’Hiv (il parametro che si considera qui è il numero di nuove infezioni ogni 1.000 persone). Siamo messi peggio di chi ci precede per numero di morti in occasione di catastrofi naturali; questa voce oltre che per noi, fra i Paesi industrializzati è negativa per solo Australia, Norvegia e Svizzera. Non andiamo troppo bene nemmeno per consumo di alcol e violenza nei confronti del partner e andiamo malissimo per incidenti stradali. L’acqua da noi è pulita ma lo è dappertutto nei paesi industrializzati, e la mortalità infantile è bassa da noi come in tutti i Paesi che ci precedono e per incidenti sul lavoro e gravidanze nelle adolescenti siamo in linea con gli altri e abbiamo invece un po’ meno morti per suicidio.
Ma non c’è proprio niente in cui siamo più bravi di tutti? Una cosa c’è: noi con pochissimi altri Paesi al mondo (Svezia, Inghilterra, Finlandia, Olanda, Svizzera) abbiamo un Servizio Sanitario Nazionale e il nostro è anche un po’ speciale, si occupa di tutti, proprio di tutti, indipendentemente dal ceto sociale e dalle possibilità economiche. Gli altri, in tanti altri Paesi del mondo, vivono con il terrore di ammalarsi, noi sappiamo che quando ci ammaleremo ci sarà qualcuno che si occupa di noi. Ma noi del nostro Servizio sanitario non ne parliamo abbastanza, non ne siamo abbastanza gelosi, ma non riusciremo a difenderlo finché non ci renderemo conto tutti che è la cosa più preziosa che abbiamo.
Insomma, se non fosse per il Servizio sanitario nazionale saremmo vicini ai Paesi emergenti; troppi ancora da noi quelli che muoiono in seguito a disastri naturali (anche per questo si potrebbe fare di più, penso). E non facciamo abbastanza per obesità, fumo e controllo dell’Hiv, insieme sono 250.000 persone che muoiono ogni anno, per niente. È come se sparisse una città come Livorno o Cagliari, così, senza nessuna ragione ogni anno.
Il Corriere della Sera – 27 settembre 2016