Vittorio Sabadin. Il professor Martin Robards lavora da così tanto tempo per la Wildlife Conservation Society da non stupirsi più di nulla. Ma non credeva ai propri occhi qualche giorno fa, quando ha visto una Sterna Caspia allevare i propri pulcini in una spiaggia del Mare dei Chukchi, ben oltre il Circolo polare artico. Quel maestoso uccello non avrebbe dovuto essere lì, ma 1.600 chilometri più a Sud, nello stato di Washington, dove di solito passa l’estate.
L’avvistamento della sterna «è stato un autentico choc», ha detto Robards, perché conferma in modo drammatico come il riscaldamento globale stia portando sempre più a Nord centinaia di specie animali: dove prima c’era il ghiaccio ora ci sono terreni liberi da conquistare, e in natura nessun nuovo spazio resta mai vuoto troppo a lungo.
L’arrivo della sterna nel Nord dell’Alaska è un bruttissimo segnale, per chi studia i mutamenti climatici. La regione una volta nota per i suoi ghiacciai e per le distese di neve si sta infatti riscaldando ad un ritmo doppio rispetto agli altri Stati americani. Tra il 1925 e il 2000 la temperatura media è stata di -12 gradi centigradi, ma ora è di -5. A Brooks Range e a Arctic Plain è diventato possibile trovare alci e castori, mentre anche gli orsi Grizzly si spostano a Nord, competono con gli orsi polari e danno vita a una nuova specie ibrida, i «pizzly». Le volpi rosse del Canada hanno invaso i territori delle volpi artiche e devastano i nidi degli uccelli migratori, che sono i più minacciati. L’Università del Queensland stima che l’83% delle specie artiche di volatili sarà estinta entro il 2070.
L’acqua che si è sciolta dall’Alaska ha già aumentato di 2,9 millimetri il livello dei mari e i biologi prevedono il peggio: i danni all’ecosistema saranno ingenti, i vecchi habitat degli animali selvaggi verranno distrutti e occupati dai nuovi conquistatori. Tra questi c’è una specie più pericolosa di tutte le altre, l’uomo, che si prepara a occupare l’Artico libero dai ghiacci. Scaverà miniere e pozzi di petrolio, costruirà alberghi, strade e porti, ammorbando l’aria e l’acqua di luoghi finora incontaminati, accelerando la devastazione del mondo e la sua stessa fine.
«E ora per evitare il peggio bisogna aiutarli a spostarsi»
«Questi fenomeni sono diffusi in tutto il mondo, e stanno già spingendo diverse specie verso l’estinzione». L’allarme viene da Michale Glennon della Wildlife Conservation Society.
Lei è Science Coordinator del progetto per la protezione del parco degli Adirondack, a Nord di New York. Quali cambiamenti avete registrato nei comportamenti degli animali?
«Studio in particolare 12 specie di uccelli e si stanno tutti spostando verso Nord o in altitudine. Alcuni di essi, come il Rusty Blackbird, stanno scomparendo dalle nostre regioni».
Il problema riguarda anche i mammiferi?
«Certo. Ad esempio gli orsi vengono in città a cercare cibo. Quest’anno è stato particolarmente secco, e quindi mancano frutti di bosco come i mirtilli di cui si nutrono. Le alci invece vanno verso il Canada. Il clima più caldo, poi, favorisce la sopravvivenza dei parassiti, come le zecche».
Cosa si può fare per proteggerli?
«Naturalmente combattere il riscaldamento globale, ma ammesso venga fatto, i suoi effetti si vedranno tra troppi anni. Nel frattempo dobbiamo aiutare questi animali a sopravvivere, assecondando i loro istinti di migrazione. Ad esempio, garantendo che le alci abbiano la strada aperta per spostarsi verso il Nord, in modo da restare in vita fino a quando riusciremo a contenere i cambiamenti climatici».
La Stampa – 25 settembre 2016