Il rallentamento dell’economia italiana è ormai una certezza. Nell’aggiornamento del quadro macroeconomico che il governo approverà martedì, e che fa da sfondo alla prossima legge di bilancio, attesa a fine ottobre, la crescita tendenziale del Prodotto interno lordo del prossimo anno si fermerebbe ad appena lo 0,7%. Di fatto, secondo gli ultimi calcoli dell’esecutivo che tengono conto della recente revisione al ribasso del Pil 2015 e delle osservazioni dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, la velocità della ripresa si è dimezzata rispetto a pochi mesi fa, quando il governo riteneva ancora possibile, nel 2017, un aumento del Pil dell’1,4%.
Con la nuova manovra di finanza l’esecutivo conta di spingere la crescita dell’anno prossimo verso l’1% (probabilmente nell’aggiornamento del Def la crescita programmatica sarà fissata tra 0,8 e 0,9%), ma dati i vincoli Ue i margini di intervento sono piuttosto risicati. Tanto che la dimensione delle misure in cantiere, allo stato attuale, si limita a circa 20 miliardi di euro, 15 dei quali saranno assorbiti dal congelamento degli aumenti dell’Iva. Difficilmente, insomma, si riusciranno a realizzare tutti i piani immaginati finora, per i quali la dote sembra per ora limitata a circa 5 miliardi.
La crescita peggiore delle previsioni sia nel 2015, che quest’anno e il prossimo, avrà anche un impatto sul deficit. Quest’anno, invece che al 2,3%, si dovrebbe chiudere il bilancio con un disavanzo del 2,5%. Per il 2017 il disavanzo tendenziale salirebbe dall’1,4 almeno all’1,5%, rosicchiando spazi di intervento. Il deficit programmatico sarà fissato al 2,4-2,3%, comunque ad un livello che possa garantire almeno una riduzione, seppur minima, del deficit strutturale, cioè il disavanzo di fondo, al netto dell’effetto della congiuntura. Nello stesso tempo occorrerà assicurare la discesa del rapporto tra il debito ed il Pil, resa un po’ più difficile dalla revisione Istat che lo ha corretto, per il 2015, dal 132,7 al 132,2%.
Con lo scivolamento verso l’alto buona parte della manovra, 13 miliardi, sarebbe coperta in deficit. La caccia alle altre risorse, circa 7 miliardi, è aperta. Prende consistenza l’ipotesi di non far aumentare il Fondo Sanitario, con un risparmio contabile di 2 miliardi. Si ragiona su nuovi risparmi di spesa attraverso gli acquisti centralizzati, si valutano quelli che potrebbero derivare dalla riforma costituzionale e della pubblica amministrazione, si continuano a studiare tagli alle «tax expenditures».
La prima ricognizione a livello politico, condotta venerdì in Consiglio dei Ministri, ha confermato un quadro difficile. Per le pensioni fin qui si è parlato di un intervento di 2 miliardi, ma pare ormai acclarato che non si andrà oltre il miliardo e mezzo. Qualche ritocco andrà fatto anche al pacchetto per il rilancio dell’industria, che potrebbe in parte essere finanziato da una revisione delle agevolazioni. C’è poi la possibilità di scomputare alcune spese consentite dalla Ue dal bilancio, ma alla fine rischia di non essere gran cosa. Tra queste quelle per il terremoto (ma nel 2017 non si riusciranno certo a spendere i 4 miliardi indicati da Renzi), e quelle per l’immigrazione. Il governo vorrebbe scomputare lo stesso importo di quest’anno, 3,3 miliardi. La Ue sembra però disposta a scontare solo le somme eccedenti questa cifra. Se si ripete ogni anno, dicono a Bruxelles, quella spesa per l’immigrazione non può più essere considerata eccezionale.
Mario Sensini – Il Corriere della Sera – 25 settembre 2016