di Vera Mantengoli. Le moeche potrebbero aiutare il Maine a riprendersi da un momento nero. Le acque dello Stato americano si stanno infatti scaldando repentinamente e le coste paludose vengono letteralmente mangiate dai granchi che stanno prolificando senza più controllo. Fino ad adesso gli esperti hanno provato di tutto, ma niente ha fermato una delle specie più voraci esistenti, il “green crab”. Fino ad adesso, appunto.
Eh sì, perché ad aprire uno spiraglio di salvezza per il futuro del Maine potrebbero essere proprio i pescatori veneziani che, con la loro tradizionale conoscenza, sanno riconoscere a vista d’occhio quando un granchio sta per diventare moeca, ovvero quando sta per perdere il carapace. Una capacità per nulla scontata che non si apprende dai libri, ma dall’esperienza sul campo e dai segreti che vengono tramandati di generazione in generazione.
Di recente il pescatore di Pellestrina Paolo Tagliapietra è andato a Georgetown in missione speciale: lo attendeva Jonathan Taggart, uno storico dell’arte innamorato di Venezia che per primo nel 2002 ha avuto l’intuizione che potrebbe rappresentare una svolta per l’economia. «Avremmo bisogno di qualche sponsor che creda in questo progetto», racconta il giovane Tagliapietra, perché se la comunità scientifica non è ancora convinta, è anche vero che quando sono stato là ogni volta che ho avvistato un granchio e ho detto che sarebbe diventato moeca, è stato davvero così».
Riconoscere quel momento è difficilissimo, ma i pescatori di Pellestrina, di Burano e della Giudecca possono addirittura vedere se il granchio diventerà moeca in un mese o se è già spiantano, cioè se diventa moeca in un paio di giorni.
Nell’ultimo anno la notizia era uscita sul Boston Globe come ipotesi, ma di recente è apparsa anche sul Portland Press Herald con i nomi dei protagonisti e come una strada da dover essere presa in considerazione. Taggart, che non ha mai smesso di crederci, ne è ancora convinto, ma nel frattempo anche una biologa americana, Marissa McMahan, si è rimboccata le maniche per dimostrare ai colleghi più scettici come i voracissimi granchi potrebbero trasformarsi in gustosissimi bocconcini. «Sarebbe bello», commenta Tagliapietra, «se ci potesse essere uno scambio culturale tra noi e i pescatori del Maine. Qualche società che si occupa di cibo ha accolto con entusiasmo l’idea, ma per adesso di contributi effettivi non ce ne sono».
Intanto però la questione nel Maine ha assunto una certa dimensione, tanto da diventare una sfida anche tra gli scienziati. Se l’Università del Maine ha detto che la specie americana non sembra attraversare la fase della muta, la Northeastern University ha deciso di approfondire la questione, incaricando la biologa McMahan di andare fino in fondo. «Tutto è cominciato tanti anni fa durante una cena a Venezia», racconta Taggart, «ero con Nicolò Zen, il veneziano che si occupa di restaurare barche tradizionali e ho conosciuto Fabio Carrera del Venice Project Center di Boston che ha parlato di moeche, sorprendendomi». Tornato nel Maine, Taggart inizia a documentarsi per capire quali differenze ci siano tra le specie veneziane e quelle americane, parlandone alla biologa McMahan, fino a quando decide di invitare Tagliepietra: «So l’inglese», spiega il pescatore, «ed ero curioso anch’io di vedere da vicino questi granchi. È stata una bella esperienza, adesso vediamo come si svilupperà».
La Nuova Venezia – 21 settebre 2016