Dario Dongo. Ieri 15 settembre il ministro delle politiche agricole Maurizio Martina ha postato un messaggio sui Facebook che annunciava l’entrata in vigore dell’obbligo di indicare la sede dello stabilimento sulle etichette dei prodotti alimentari. Avendo il Fatto Alimentare e Great Italian Food Trade lanciato a suo tempo una petizione al riguardo, la notizia avrebbe dovuto essere accolta con soddisfazione. Ma non è stato così. La dichiarazione di Martina lascia molte perplessità e le regole non cambieranno certo da domani. Vediamo perché.
È vero che oggi è entrata in vigore la cosiddetta legge parlamentare di delegazione europea 2015 (legge 12 agosto 2016, n. 170), e che la norma delega il governo ad adeguare l’ordinamento nazionale rispetto a varie normative europee pubblicate negli ultimi anni, tra cui il regolamento UE 1169/11. È anche vero che la legge delega prevede che il governo reintroduca “l’indicazione obbligatoria nell’etichetta della sede e dell’indirizzo dello stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento, al fine di garantire una corretta e completa informazione al consumatore e una migliore e immediata rintracciabilità dell’alimento da parte degli organi di controllo” (legge 170/2016, art. 5, comma 3).
Risulta però praticamente impossibile che tra dodici mesi, come dichiarato dal Ministro Martina, le etichette dei prodotti italiani dovranno riportare lo stabilimento di produzione come accadeva sino al dicembre 2014. Il motivo è presto detto: l’obbligo di citare la sede dello stabilimento dovrà venire definito in un apposito decreto legislativo, la cui approvazione prevede una serie di passaggi. Il decreto dovrà avere il via libera da parte degli altri ministeri competenti, poi dovrà superare l’esame delle Commissioni competenti alla Camera e al Senato ed essere approvato. L’ultimo ostacolo sarà il nulla osta di Bruxelles che non è per niente scontato. Lo schema di decreto dovrà infatti venire notificato alla Commissione europea la quale, tenuto anche conto dei pareri eventualmente espressi da altri Stati membri, potrebbe non approvarlo.
Prima di congratularci attendiamo di leggere in Gazzetta Ufficiale ‘la legge vera’, cioè il decreto legislativo che impone di citare la sede dello stabilimento di produzione in etichetta dei prodotti alimentari italiani. A questo punto saremo i primi a stappare lo spumante. La cosa più bella però sarebbe però quella di festeggiare anche il varo di una riforma organica della materia sull’informazione al consumatore relativa ai prodotti alimentari, “nutrition & health claims” (si veda articolo ), controlli pubblici ufficiali e sanzioni. Per approfondimenti, leggi articolo su Fare.
Il Fatto alimentare – 19 settembre 2016