Un po’ meno latte un po’ più food e sempre più bio. Si arricchisce di novità il menu della Granarolo, primo produttore di latte nazionale, per affrontare il cambiamento dei consumi.
«C’è un calo strutturale dei consumi di latte nell’ordine del 7-8% — spiega il presidente, Giampiero Calzolari — che ha ragioni sociali, culturali ed economiche. Le famiglie sono meno numerose, il rito della colazione si abbrevia e la cultura alimentare apprezza sempre meno le proteine animali. Noi abbiamo scelto di reagire con l’innovazione da un lato e con l’apertura di nuovi mercati, dall’altro». E’ un percorso di trasformazione che ha comportato già 16 acquisizioni negli ultimi due anni e non è ancor completato. «Il nostro export che era limitato al 3% nel 2011 — precisa il presidente — oggi è al 26% e arriverà al 45% entro il 2020». L’idea di fondo del piano di crescita è quella di creare una piattaforma di prodotti italiani tipici uscendo dal perimetro: dai formaggi, ai condimenti, al prosciutto. Senza tradire il core business: la bottiglia di latte. Che però sarà bio.
Il gruppo emiliano ha avviato la riconversione delle sue stalle al biologico con importanti investimenti con l’obbiettivo di diventar il primo produttore nazionale di latte bio. «Entro due anni — precisa Calzolari — la produzione biologica passerà da 20 tonnellate a 50mila tonnellate».
In parallelo corre la diversificazione. Il gruppo lattiero è entrato nel nuovo segmento salutista con le bevande a base vegetale (latte di soia, mandorle e cocco) e i preparati vegetali. Pochi mesi fa ha acquisito Conbio, azienda leader in Italia nei prodotti gastronomici vegetali e biologici. «In quest’area siamo arrivati a fatturare 26 milioni e cresceremo ancora». Questo mercato è in forte sviluppo ed è valutato 600 milioni entro il 2020.
Il menu tradizionale si è arricchito invece con l’aceto balsamico. Il gruppo ha acquisito il 66% di Fattorie Giacobazzi, azienda fondata dalla omonima famiglia che è rimesta nel capitale con il 34%. La società ha un fatturato superiore ai 15 milioni di euro di cui il 90% derivante dall’export.
«Cerchiamo di allestire una sorta piattaforma di prodotti italiani di qualità da poter esportare su nuovi mercati — spiega Calzolari — così abbiamo ampliato la gamma dei nostri formaggi, rilevando un produttore in Sardegna, poi gli abbiamo affiancato il prosciutto, il pastificio che produce tagliatelle, e ora stiamo pensando all’olio. Vogliamo cogliere le opportunità offerte dal buon momento alla gastronomia italiana».
Complementari alle acquisizioni di nuovi prodotti sono le acquisizioni e all’estero destinate ad aprire nuovi orizzonti alle esportazioni. Granarolo ha acquisito il 50% di Matric Italgross Ab, società svedese di distribuzione di marchi italiani, e il 60% di Comarsa Sa, società di distribuzione di prodotti food made in Italy in Svizzera, quarto mercato per export di prodotti italiani caseari in Europa.
Granarolo che rappresenta la più importante filiera italiana del latte, esporta in 56 paesi ha 14 siti produttivi sul territorio nazionale, 2 in Francia, 1 in Cile, 2 in Brasile e 1 in Nuova Zelanda. Ha aperto un ufficio vendite in Cina per coprire i paesi asiatici e sta pensando al mercato a stelle e strisce. «Ci stiamo attrezzando per aver una presenza diretta negli Usa, è un mercato dove vendiamo già ma uno sbarco tramite un acquisizione è impegnativo e costoso», conclude Calzolari.
Corriere Economia – 12 settembre 2016