Il tema pensioni irrompe sul tavolo della politica alla vigilia del referendum. E’ il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, dal palco del Forum Ambrosetti, a confermare le anticipazioni di Repubblica sulla volontà del governo di intervenire sul capitolo pensionistico nella prossima legge di bilancio, sia per quel che riguarda la flessibilità dell’anticipo sul trattamento, sia sull’obiettivo di aumentare le pensioni minime.
«In qualche misura sì», ha risposto Poletti alla domanda sulla volontà di aumentare le minime, anche se «dobbiamo trovare la modalità e le forme». Mentre sul tema dell’anticipo il ministro deve subito incassare le critiche del segretario Cgil Susanna Camusso, contraria alla formula dell’anticipo. «Stiamo lavorando per produrre una soluzione che sia la più dinamica possibile, ogni cittadino deve essere in grado di fare al meglio la valutazione sull’opportunità e l’utilità – ha detto il ministro parlando dell’anticipo pensionistico o Ape -. Il punto vero ed essenziale è che partiremo dalle situazioni di massima difficoltà ». Il meccanismo che dovrebbe permettere di andare in pensione a 63 anni, cioè fino a 3 anni e sette mesi prima dei requisiti attuali nelle intenzioni del governo dovrà essere il più flessibile possibile. «Cerchiamo di affrontare il tema dei lavoratori che hanno perso il lavoro, non hanno ammortizzatori sociali e sono in questa situazione verso il pensionamento – ha aggiunto Poletti -. E stiamo anche affrontando il tema dei lavori più pesanti: è difficile immaginare che per attività molto pesanti si possa tenere ferma la possibilità di lavorare fino al termine oggi previsto ».
Ma proprio il concetto stesso dell’Ape viene contestato dal leader della Cgil Camusso: «Vogliamo partire dalle risorse e vogliamo difendere un principio: i lavoratori che pagano un contributo non devono indebitarsi alla fine della vita per avere i loro contributi sotto forma previdenziale. Penso che l’anticipo pensionistico sia un’idea ingiusta dal punto di vista delle condizioni delle persone ». Camusso chiede invece di intervenire prioritariamente a favore di chi «si è trovato per colpa della legge Fornero in mezzo al guado, si tratta di disoccupati di lungo periodo che non riescono ad arrivare alla pensione». E anche per Carmelo Barbagallo, segretario generale della Uil, deve essere «affrontata e chiusa la partita degli esodati, allargata la platea dei lavoratori usuranti e affrontato il capitolo dei lavoratori precoci: chi ha 41 anni di contributi deve poter andare in pensione senza se e senza ma». Di tutto ciò governo e sindacati parleranno il prossimo 12 settembre. Sulle pensioni è intervenuto a Cernobbio anche il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia: «E’ evidente che dobbiamo prima allargare la torta e poi affrontare la questione delle diseguaglianze. E se proprio dobbiamo affrontarla, va affrontata sulle pensioni minime».
Repubblica – 5 settembre 2016