Una prima dote parziale farà già parte della “fase 3” della spending review. Cifre ufficiali il Governo non ne ha ancora fornite. Ma il “contributo” per il 2017 della fase attuativa della riforma della pubblica amministrazione, in via diretta e anche indotta, potrebbe superare i 500 milioni sotto forma di diverse voci che saranno inserite nella prossima legge di Bilancio autunnale. L’obiettivo con tutti i provvedimenti attuativi a regime della riforma Madia resta quello di una riduzione di spesa fino a 1 miliardo l’anno.
Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e il commissario alla revisione della spesa, Yoram Gutgeld, hanno più volte esplicitamente indicato nell’attuazione della riforma Pa uno dei cardini della nuova fase di spending review. Del resto, un collegamento in questa direzione è rintracciabile anche nel Def presentato nella scorsa primavera dal Governo.
A garantire risparmi saranno soprattutto la riduzione dei corpi di polizia (con l’accorpamento già in atto delle Guardie forestali nell’Arma dei Carabinieri), la potatura degli enti pubblici e di tutte le strutture periferiche del Governo (dalle Prefetture alle Ragionerie territoriali) che sarà portata a termine nei prossimi mesi. Per non parlare del riordino già deciso delle partecipate. Su quest’ultimo punto il Governo dovrà necessariamente tenere conto delle sollecitazioni arrivate dal Parlamento con il suo via libera alla risoluzione sull’ultimo Def con cui è stato chiesto all’esecutivo di inserire nella spending complessiva anche i risparmi derivanti dell’intervento sulle partecipate senza lasciarli in esclusiva disponibilità dei Comuni.
L’ottimizzazione della spesa arriverà anche dalla riorganizzazione del pubblico impiego (il decreto attuativo arriverà più avanti) e della dirigenza anche per effetto delle misure varate ieri dal Consiglio dei ministri. La razionalizzazione delle uscite sarà poi garantita da altri provvedimenti di attuazione del piano Madia che sono ancora in cantiere. A cominciare da quelli sulla riorganizzazione interna dei ministeri e, soprattutto, sull’eliminazione degli uffici delle Authority indipendenti considerati doppioni di altri uffici ministeriali. Misure che saranno accompagnate anche da una revisione del sistema di finanziamento delle stesse Authority.
La stessa riforma della pubblica amministrazione si andrà di fatto ad amalgamare, almeno sul fronte dei ministeri e delle strutture centrali, con la nuova riforma del bilancio dello Stato che rappresenta uno dei pilastri fondamentali della nuova era della spending review. Che, a sua volta, poggerà sempre più sul cosiddetto modello Consip per gli acquisti Pa da gestire con il nuovo sistema articolato su sole 33 stazioni appaltanti. Su questo fronte lo stesso Def della scorsa primavera preannunciava possibili, ulteriori novità. Come l’attribuzione al ministero dell’Economia della funzione di “pagatore unico” per molti servizi essenziali per la pubblica amministrazione centrale (energia, gas, telefonia e via dicendo) e non solo di quella di acquirente unico attraverso Consip.
Tornando alla riforma del bilancio dello stato, che rende obbligatoria e permanente la revisione della spesa già a partire dalla prossima manovra autunnale, i singoli ministeri saranno chiamati a gestire i budget sulla base di una precisa tabella di marcia nell’arco dell’anno rispettando diversi vincoli. Il ministero dell’Economia potrà far leva su ulteriori compiti di controllo per scovare subito eventuali sforamenti ingiustificati di budget e lo stesso premier Matteo Renzi potrà intervenire direttamente per decidere, di fronte a eventuali “buchi”, la collocazione delle risorse ministeriali.
Marco Rogari – Il Sole 24 Ore – 26 agosto 2016