Mentre a Vicenza si registra già il primo indagato (il rappresentante legale della ditta Miteni di Trissino) per il caso dei veleni in falda da Pfas (perfluoroalchilici), a Verona prosegue per ora senza alcun nome sotto indagine l’inchiesta condotta dal pubblico ministero Francesco Rombaldoni sull’inquinamento riscontrato anche nelle acque di decine di comuni scaligeri.
E le novità non mancano, visto che lo stesso magistrato veronese che ha aperto il fascicolo sui danni idrici da Pfas il 17 novembre 2014 sulla base di un primo esposto (a cui ne è seguito un secondo ad aprile 2016) depositato in procura da Legambiente, è stato convocato a Roma per essere sentito da quella stessa commissione parlamentare d’inchiesta che il mese scorso ha ascoltato i vertici sia scaligeri che regionali dell’associazione ambientalista. Top secret i contenuti dell’audizione del pm in Aula, anche se è praticamente certo che da parte dei commissari lo scopo fosse quello di essere aggiornati nei dettagli di tutti gli sviluppi delle indagini giudiziarie in corso.
Sviluppi che, in effetti, a Verona non mancano: sul tavolo dello stesso pm Rombaldoni, infatti, sono appena stati depositati i risultati di una prima indagine preliminare effettuata su incarico della procura di Verona dai carabinieri del Nas. Si tratterebbe sostanzialmente di una sorta di ricostruzione delle origini del problema legato ai Pfas: una specie di cronistoria che non conterrebbe, tuttavia, indicazioni decisive per comprovare eventuali responsabilità.
Per il magistrato, ora, si configura dunque fondamentale ricevere al più presto dagli stessi militari del Nas i risultati delle analisi disposte dalla procura sulla qualità delle acque che si riscontra nelle zone della provincia scaligere maggiormente esposte al rischio Pfas.
Tali conclusioni verranno quindi poste a confronto con lo stato idrico esistente nel resto della provincia scaligera: a quel punto, il pm deciderà se mantenere nell’inchiesta l’attuale ipotesi di reato, quella cioè di scarico abusivo in falda, o se modificarla invece in quella di disastro ambientale (in questo secondo caso, il fascicolo verrebbe trasmesso a Vicenza per competenza territoriale, visto che l’origine della contaminazione a Trissino). Ma, soprattutto, appena arriveranno in procura quelle analisi del Nas sapremo se anche a Verona verrà iscritto qualcuno sul registro degli indagati. L’accusa sarebbe quella di aver riversato veleni in falda. Esponendo alla contaminazione migliaia di persone. Se non di più.
Corriere del Veneto – 16 luglio 2016