Il Ministero della Salute ha prorogato il divieto di consumo e di commercio delle anguille del Garda contaminate da diossina e Pcb. Con un’ordinanza pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, Beatrice Lorenzin ha prorogato per altri 12 mesi i divieti m vigore dal 17 maggio 2011 quando l’allora sottosegretario alla salute, la veronese Francesca Martini, aveva dato per la prima volta lo stop alla possibilità di mangiare questi pesci del lago.
Un’ordinanza dal titolo emblematico, «Misure urgenti di gestione del rischio per la salute umana connesso al consumo di anguille contaminate provenienti dal lago di Garda», titolo identico all’ordinanza del 2011. Ma c’è un aspetto singolare di questa vicenda di cui L’Arena si era già occupata alcune settimane fa e che ora è stato scritto, nero su bianco, anche nell’ordinanza del Ministero della salute. Ovvero, il fatto che il Piano di monitoraggio della contaminazione per gli anni 2015-2016, elaborato e condiviso tra le Regioni Lombardia e Veneto, la Provincia autonoma di Trento, il Centro di referenza per l’epidemiologia veterinaria dell’Izs Abruzzo e del Molise, l’Izs delle Venezie e l’Izs di Lombardia ed Emilia-Romagna, non ha ancora dato esito. Il perché è presto detto: il monitoraggio è stato iniziato tardi dalle Regioni, i campioni di pesci sono stati inviati in ritardo e così l’Istituto zooprofilattico di Teramo non ha ancora terminato le analisi e non ha potuto dare informazioni circa la quantità di contaminante nei pesci.
Ma per quale motivo il monitoraggio è iniziato in ritardo? La versione ufficiale, come specifica l’ordinanza ministeriale, è che «le attività di campionamento del Piano si sono protratte oltre le date indicate a causa delle condizioni climatiche che hanno influenzato il periodo della migrazione delle anguille, e quindi la pesca degli esemplari, come peraltro previsto dal citato Piano», è stata ritardata.
Ma i dubbi, invece restano anche perché, almeno per quanto riguarda la Regione Veneto, sono stati evidenziati dal consigliere regionale Andrea Bassi «ritardi e pasticci dovuti a mancati stanziamenti da parte della Regione Veneto che infatti, nello scorso anno, non ha effettuato alcun campionamento di anguille», e che avrebbe «spostato i fondi dello scorso anno per l’anno in corso», aveva denunciato il consigliere. Il ministro Lorenzin ha deciso quindi, «in assenza di dati aggiuntivi e in considerazione della persistenza degli inquinanti riscontrati negli anni precedenti nelle anguille», che sia «necessario prorogare ulteriormente le misure stabilite nell’ordinanza del 2011». Un principio di precauzione doveroso vista la quantità di «inquinamento omogeneo e diffuso», per quanto riguarda diossine e Pcb, certificato anche dall’Arpav.
L’Arena – 15 luglio 2016