Dal fast food al casual restaurant, dal Big Mac standardizzato al panino personalizzato. È la svolta di McDonald’s in Italia. L’annuncia in questa intervista l’amministratore delegato Roberto Masi. Ma intanto, dottor Masi, c’è il “caso Firenze”. Il sindaco Nardella ha detto che non vi vuole a piazza del Duomo. Una vicenda locale o la fine di un rapporto non sempre facile con l’Italia?
«Mi auguro che sia una scaramuccia locale. Noi siamo molto concentrati in Italia. Nell’ultimo triennio abbiamo aperto 300 ristoranti, investito 500 milioni di euro, realizzato tremila nuove assunzioni. Mi trovi un’altra azienda che ha fatto come noi! La McDonald’s globale ha inserito l’Italia nel segmento delle aree a maggior crescita».
Ma Firenze è Firenze, non una città di secondo piano.
«Mi auguro che quell’appello di Nardella agli altri sindaci di Roma, Venezia, Bologna di seguirlo cada nel vuoto. Certo in questo periodo Nardella è influente».
Un fedelissimo di Renzi.
«Firenze è importante per la sua storia, per i suoi turisti… ma in questo periodo anche perché molti fiorentini lavorano temporaneamente a Roma».
Per questo lei ha parlato di “qualcosa di politico” a proposito delle decisione di Firenze di bloccarvi?
«Firenze può fare da capofila. Con tutto il rispetto, se l’avesse deciso il Comune di Siracusa non staremmo qui a parlarne».
Come finirà?
«Ci diranno di no. Ritengo difficile che il sindaco possa rimangiarsi quello che ha detto ».
Farete ricorso?
«Stiamo valutando con i nostri legali. Eravamo in trattativa da 4-5 mesi. Abbiamo detto sì a tutte le condizioni che ci hanno posto fino a quella di comprare il 50 per cento dei prodotti dai fornitori toscani. Una richiesta, intervenuta mentre era già in corso il negoziato, non proprio all’insegna della libera concorrenza, non credo ci siano esempi di questo tipo in tutta Europa».
Il progetto per Firenze prevede non un fast food ma un ristorante. È un modello che pensate di estendere in tutta Italia?
«Sì. Puntiamo a trasformarci: non c’è già più il vecchio fast food con gli arredi scomodi in formica, arriverà il “casual restaurant”. Mantenendo la nostra identità, l’obiettivo non è conquistare le stelle Michelin».
Ristoranti con servizio al tavolo?
«Sì».
Ma questo non è più McDonald’s.
«È McDonald’s che si adatta alle richieste dei suoi clienti».
Sarà un modello che adotterete solo in Italia o in tutto il mondo?
«In Italia avverrà il primo lancio mondiale, non so se anche gli altri paesi lo faranno. Abbiamo sempre seguito i gusti dei nostri clienti. Oggi siamo i primi in Italia nel settore della caffetteria con 280 McCafè».
Ma non è la sconfitta del vostro modello?
«È un ripensamento complessivo senza però la rinuncia ai nostri valori: convenienza e cibo di qualità. Su questo possiamo sfidare chiunque».
Quando arriveranno i casual restaurant?
«Tra la fine del 2016 e l’inizio del prossimo anno. Inizieremo con una quarantina».
A proposito di qualità, mi dice qual è la percentuale di fornitori italiani?
«Sei anni fa il 18 per cento dei nostri approvvigionamenti italiani arrivava dalla filiera locale, oggi siamo all’82 per cento».
Perché la stessa carne da voi costa meno che negli altri ristoratori?
«Per i volumi, decisamente superiori, e per
la programmazione degli acquisti che ci permette di negoziare prezzi più bassi».
Lei quante volte a settimana mangia al McDonald’s?
«Tre volte a settimana».
Non molte…
«Sono un italiano e mi piace variare. Mi piace la pizza, la pasta, il pesce. Noi abbiamo diversificato l’offerta ma non abbiamo, e non avremo, la pizza, la pasta e il pesce».
Farete nuove assunzioni per i ristoranti?
«Certamente. Per il quarto anno consecutivo faremo mille assunzioni».
Perché nelle regioni del Mezzogiorno d’Italia siete in difficoltà?
«Non è vero che siamo in difficoltà. Al Sud siamo storicamente meno presenti che al Nord. Ma nel 2015 abbiamo aperto 30 ristoranti in Italia, metà al Sud. Dove, però, c’è un contesto diverso: nel nostro segmento abbiamo una concorrenza maggiore. Volevo aggiungere una novità, però».
Quale?
«Che partirà dall’Italia anche una nuova iniziativa: il panino personalizzato. Ciascuno metterà ciò che vuole. Una evoluzione della nostra offerta. Noi stiamo sul mercato. Vogliamo che siano i consumatori a indicarci i cambiamenti, non Nardella».
Repubblica – 30 giugno 2016