Dopo la pioggia di emendamenti dell’opposizione, ecco il dossier del sindacato. Prosegue senza esclusione di colpi la battaglia attorno alla riforma della sanità che dovrebbe approdare alla nascita dell’Azienda Zero e alla riduzione delle Usl da 21 a 9: ieri la Cgil Funzione Pubblica ha diffuso una «breve indagine sugli effetti del progetto di finanza in sanità», citando i dati dei quattro project financing attualmente in vigore nelle aziende sanitarie del Veneto, una sorta di ammonizione sulla strada che conduce al progetto di legge «pdl 23».
Del resto tra gli otto punti che hanno ispirato l’ostruzionismo di Pd, «tosiani» e Cinque Stelle in consiglio c’è anche la contrarietà a qualunque nuovo project financing, specialmente se gestito dalla futura Azienda Zero, sopratutto se riguarda la costruzione del nuovo ospedale di Padova. Poco meno di un anno fa, infatti, il governatore Luca Zaia aveva sì imposto lo stop a tutti i project financing per cui non era ancora stata stipulata la convenzione di concessione, ma senza estendere il divieto ai project futuri tra cui, per l’appunto, il polo ospedaliero che dovrebbe sorgere a Padova Est. Sull’argomento Zaia ha sempre lasciato la porta aperta, ribadendo il concetto anche qualche giorno fa: «Chi è abituato a rubare continuerà a farlo, a prescindere dallo strumento usato: che sia il project, la gara, l’appalto integrato. D’altronde il project financing non è un’invenzione del Veneto, ma una legge nazionale “copiata” da analoghe esperienze internazionali».
A onor del vero, dopo la conferma a Palazzo Balbi Zaia aveva chiesto al ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio di promuovere una norma per rinegoziare i project financing già firmati senza dover stracciare i contratti e quindi incorrere nel rischio di penali, senza esito. I quattro project sanitari dunque sono ancora tutti al loro posto. E il promemoria arriva dalla Cgil: all’Uls 8 di Asolo-Montebelluna (2.495 dipendenti) la concessione di 28 anni approvata nel 2004 per ristrutturare l’ospedale di Montebelluna e ampliare quello di Castelfranco prevede il versamento di un canone annuo da 44,5 milioni di euro a un raggruppamento di imprese private guidato dalla Guerrato spa di Rovigo, il cui titolare Saverio Guerrato è appena finito in manette nell’ambito dell’inchiesta sulle tangenti di Abano e Montegrotto; all’Usl 12 di Venezia (4.205 dipendenti) il canone annuo in vigore per trent’anni dal 2002 per costruire l’Ospedale dell’Angelo è di 54,6 milioni di euro e l’accordo è finito sotto la lente di ingrandimento della Corte dei conti; all’Usl 4 dell’Alto Vicentino (1.984 dipendenti) il canone annuo di 25 anni approvato nel 2012 per le spese connesse al nuovo ospedale di Santorso vale 30,4 milioni di euro; all’Usl 17 di Monselice (1.940 dipendenti) la concessione di 27 anni per il nuovo ospedale di Schiavonia comporta un canone annuo di 24,9 milioni euro. Mettendo in fila tutti gli importi il risultato è presto detto: i project della sanità veneta valgono 147,7 milioni di canoni annui. Le cifre, ricorda la Cgil, sono fissate al 2010: indicizzandole al 2015, cioè del 7%, la somma raggiunge i duecento milioni.
«La nostra indagine – dichiara Daniele Giordano, segretario generale della Fp Cgil Veneto – dimostra ancora una volta che il progetto di finanza si è tradotto in un arricchimento dei privati a scapito delle risorse pubbliche e della salute dei cittadini». Secondo Giordano, la riforma dell’Azienda Zero deve cancellare l’ipotesi del ricorso al project e mettere in discussioni quelli già esistenti: «La Regione deve agire in modo chiaro e deciso per mettere in discussione questa ipoteca sul sistema sociosanitario veneto, mentre nel pdl 23 si dà per assodato che questo strumento possa essere ancora utilizzato».
Alessandro Macciò – IL Corriere del Veneto – 27 giugno 2016