«Riteniamo il mandato sicuro, chiaro e valido». Il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ribadisce così la linea italiana sul Trattato Ttip per il commercio e gli investimenti tra Ue e Usa in vista del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno quando la Commissione, come preannunciato dal presidente Juncker, potrebbe richiedere ai vari governi la conferma delle loro intenzioni per rinsaldare il mandato.
La tenacia del ministro che in un’informativa urgente nell’Aula della Camera difende il trattato – nonostante la crescente ondata di malcontento dell’opinione pubblica, la retromarcia evidente della Francia e i dubbi che serpeggiano anche in Germania – fa scattare gli interventi di protesta, con tanto di cartelli, del compatto fronte anti-Ttip: M5S in testa con Lega, Sel, Fratelli d’Italia.
Calenda rintuzza in Parlamento quelli che giudica luoghi comuni, in alcuni casi frutto di informazioni non adeguate sul tema e dei cosiddetti “leaks” che identificano erroneamente le posizioni e le richieste americane con i contenuti di un accordo che la Commissione deve negoziare entro il perimetro del mandato. «Come si evince dal mandato – dice il ministro – non fanno parte del negoziato il principio di precauzione (sulla base del quale, tra l’altro, oggi sono tenuti fuori dal mercato Ue molti Ogm) né i servizi pubblici, la cultura, i diritti, i servizi audiovisivi». E non c’è nemmeno dubbio, dice, che si tratti di «un accordo misto e dunque soggetto a un percorso di approvazione nazionale oltre che europeo». Diverso però, aggiunge accendendo le polemiche dei grillini, il discorso relativo al trattato Ceta con il Canada, dal perimetro molto più ristretto e già negoziato con esiti positivi. Martedì la presidente della Camera Laura Boldrini aveva ricordato l’importanza di sentire anche i Parlamenti nazionali. Ma secondo il ministro considerare il trattato un accordo misto porterebbe a una sua approvazione solo in una modalità provvisoria, con il conseguente rischio che «il Ceta non entri mai in vigore»: un precedente tale da decretare «virtualmente la morte della politica commerciale europea».
Se si passa poi allo stato dell’arte dei singoli capitoli che dopo ben 13 round negoziali sono ancora da definire, è chiaro che non è facile dirsi ottimisti. «Sostenere che il Ttip è importante non vuol dire affatto essere pronti a chiuderlo a ogni costo. Il rischio che un equilibrio negoziale non sia raggiunto è concreto» ammette Calenda, perché su alcuni punti irrinunciabili per l’Unione europea gli Stati Uniti non hanno ancora concesso abbastanza. È il caso degli appalti pubblici, dominati dalle norme “buy american” che limitano le imprese europee, e del capitolo sulle indicazioni geografiche alimentari che rischia di arenarsi per una ristretta lista di prodotti con denominazione protette – da 5 a 10 su un totale di 200 – che potrebbero restare sotto la minaccia del cosiddetto “italian sounding”, l’evocazione di un’inesistente italianità.
C.Fo. – Il Sole 24 Ore – 16 giugno 2016