Maurizio Tropeano. La Coldiretti va alla «guerra» per provare a scalzare dai centri storici delle città italiane i rivenditori di kebab e sushi oppure chi commercializza la frutta esotica o quella fuori stagione fino alle caldarroste congelate. Migliaia di agricoltori sono arrivati ieri a Roma per difendere l’identità alimentare nazionale nei centri storici.
Il loro sogno è sostituire i «cibi che si trovano anche nelle grandi città del mondo con le specialità custodite dalle campagne per generazioni perchè così si arricchisce l’offerta storico culturale di cui il patrimonio gastronomico fa integralmente parte», spiega il presidente Roberto Moncalvo.
I numeri in crescita
Dunque, largo al cibo di strada made in Italy dal baccalà fritto di Roma, all’intruglio della Versilia o il pani cà meusa di Palermo. Del resto nei primi mesi dell’anno, secondo uno studio della Coldiretti che ha elaborato i dati di Unioncamere, la ristorazione ambulante in Italia per il consumo immediato presso banchi del mercato o con furgoni attrezzati è cresciuta del 13 per cento rispetto all’anno scorso con 2271 imprese. La Lombardia guida la classifica delle regioni con un 288 realtà di cibo da strada e un incremento del 26%. Poi ci sono Puglia (271), Lazio (237), Sicilia (201), Campania (189), in Piemonte (187), Veneto (161) e Toscana (142).
Il modello Firenze
Secondo Coldiretti «si assiste, in particolare, ad un progressiva tendenza alla distribuzione in commercio nei centri storici di alimenti lontani dalle tradizioni gastronomiche locali, con un appiattimento e una omologazione verso il basso che distrugge le distintività». Qualcosa è già stato fatto. A Firenze, ad esempio, si è deciso di valorizzare il cibo locale nelle nuove aperture in centro storico con l’obiettivo di considerare anche il commercio alimentare come un «patrimonio immateriale culturale» da tutelare, alla pari di quello architettonico. Coldiretti vorrebbe che quella scelta venisse fatta anche in altre grandi città meta del turismo internazionale: «L’intenzione è di evitare la standardizzazione degli esercizi verso tipologie lontane dalla tradizione e cultura territoriale lasciando poi ad una Commissione il compito di valutare eventuale deroghe».
Secondo Moncalvo «la realizzazione di farmers market, di punti di filiera corta, di chioschi dello street food risponde ad un più ampio disegno di ridefinizione di comportamenti di consumo nelle città più attenti alle aspettative dei cittadini e soprattutto dei turisti».
Secondo Coldiretti «nei mercati degli agricoltori si trovano prodotti del territorio che sono venduti « nel rispetto di precise regole comportamentali e di un codice etico ambientale, sotto la verifica di un sistema di controllo di un ente terzo». Nei mercati c’è grande attenzione alla sostenibilità con la distribuzione delle «agribag», pratici contenitori innovativi anche per il consumo itinerante che consentono di non buttare via niente e tagliare gli sprechi.
L’innovazione
Ogni Regione ha il suo cibo di strada ma gli agricoltori che hanno scelto di ampliare la loro attività cucinando sul campo hanno anche iniziato a seguire, secondo quanto afferma Coldiretti, «la strada dell’innovazione nella tradizione con la preparazione di originali “pozioni naturali”, dalla top ten della centrifuga che abbronza fino agli agriaperitivi afrodisiaci e agli esplosivi cocktail contadini». Sono pronte per essere distribuite le «agribag», pratici contenitori innovativi per il consumo itinerante che consentono di non buttare via niente e tagliare gli sprechi.
La Stampa – 12 giugno 2016