Giuseppe Bottero. La flessibilità sulle pensioni ci sarà, e le misure che consentiranno di lasciare il lavoro in anticipo saranno discusse assieme ai sindacati, con cui, dopo mesi di gelo, s’è riaperto il dialogo. Giuliano Poletti è al Festival dell’Economia di Trento per ragionare di robot e del loro impatto sull’occupazione ma, inevitabilmente, si finisce a ragionare sulla manovra d’autunno.
Il ministro del Lavoro non scopre le carte, ma conferma l’intervento sulla previdenza, che sarà sul tavolo dell’incontro con le parti sociali, il prossimo 14 giugno. «Non c’è un proposta definita anche perché l’impegno che ci siamo assunti è quello di un confronto vero», dice.
Le ipotesi sul tavolo
Allo studio ci sono varie ipotesi, nelle quali Poletti però non si addentra, che prevedono un certo grado di “discrezionalità” per il lavoratore, visto che potrebbero entrare in gioco anche le risorse accantonate nei fondi pensione per ridurre l’entità del prestito da restituire, e che dovrebbero essere a costo zero o quasi per chi invece una occupazione l’ha persa e non la può più ritrovare.
La priorità di Poletti, però, «è non lasciare indietro nessuno». Non significa puntare sul reddito minimo – «o lo porta l’arcangelo Gabriele o deve essere prodotto da quelli lavorano», taglia corto – ma preparare un pacchetto di interventi che vadano a rafforzare le politiche sociali. Una sorta di “Social act”, visto che «dobbiamo sì fare un grande sforzo per la crescita» ma «bisogna anche dare una mano chi non ce la farà a salire sul treno della transizione». In futuro, «dovremo fare in modo che chi perde il lavoro non sia disperato se no la società non sta più insieme».
Il ministro è invece più cauto sulla possibilità di alleggerire le tasse sul lavoro: bisognerà decidere quale metodo utilizzare – se ancora una forma di decontribuzione o un taglio strutturale del cuneo fiscale e contributivo – «per continuare ad affermare l’idea che l’occupazione a tempo indeterminato, cioè stabile, deve costare di meno di quello precario».
La stretta sui voucher
Mentre il governo metterà subito mano ai voucher, introducendo «la prossima settimana» i correttivi che consentiranno la tracciabilità dei buoni lavoro e quindi una minore possibilità di abusarne, ci vorrà ancora qualche mese per capire l’orientamento sul lavoro. «In questo momento non sono in grado di dire se» un intervento sul cuneo fiscale, abbastanza impegnativo dal punto di vista delle risorse comunque sia strutturato, possa essere «alternativo» o portato avanti in parallelo alle ipotesi di riduzione dell’Irpef, tutto si deciderà «con la prossima legge di Stabilità», ribadisce. Perché il Paese cambi, però, non basta una legge, sorride il ministro. «Bisogna mettere in campo un cambiamento radicale a partire dalla cultura, e non c’è nessuna legge che possa farlo, nessuna legge cambia un Paese, lo cambia un obiettivo condiviso. E chi governa deve indicare questa strada e questo orizzonte». Anche scardinando una serie di atteggiamenti: la parola più usata in Italia, dice, è «difendere. Ma quando parti con l’idea di difendere, in un mondo che viaggia alla velocità della luce hai già perso». (La Stampa)
“In arrivo il Social Act contro la povertà sì a flessibilità pensioni”. Poletti: le misure nella legge di Stabilità per il 2017 La Cei: cresce la disoccupazione, serve un miracolo
«Dobbiamo mettere in campo nuove politiche sociali perché nessuno resti indietro: i cittadini vanno aiutati non solo quando devono cercare lavoro, ma anche sostenerli perché non peggiorino le loro condizioni di vita quando lo perdono. Per questo ho sintetizzato con una frase gli interventi che mi impegno a sostenere nella prossima legge di Stabilità: dopo il Jobs Act è il momento di un Social Act”.
Lo aveva anticipato qualche settimana fa, ma ieri il ministro del Welfare Giuliano Poletti lo ha ribadito per dimostrare che non si tratta solo di parole d’ordine: la nuova priorità del governo è l’emergenza sociale. Causata dal calo di posti di lavoro mano a mano che avanzano le tecnologie e sostituiscono l’intervento dell’uomo nei processi industriali. «Sono d’accordo con il ministro Padoan: bisognerebbe parlare meno di flessibilità e maggiormente di produttività ». Poletti ha parlato dal palco del Festival dell’Economia di Trento, dove è direttore scientifico il presidente dell’Inps, Tito Boeri. Il quale ha fornito a Poletti un assist più che perfetto invitandolo a parlare sul tema “Web, robot e fine del lavoro”. Cosa fare, gli è stato chiesto, di fronte al numero di persone che vengono licenziate perché sostituiti dalle macchine e dagli algoritmi? «Non sono un fautore dello scontro sociale – ha risposto l’ex dirigente del movimento cooperativo – ma è evidente che siamo di fronte a un problema che diventa sempre più grave. Se la ricchezza continuerà a concentrarsi nelle mani di pochi penso che prima o poi ai cittadini verrà voglia di ribellarsi: si rischia di mettere in crisi la convivenza civile, i disperati non resteranno sempre tranquilli davanti alla televisione ma finirà a mazzate».
Espressioni colorite a parte (ma lo stesso ministro ha ammesso che «penso in romagnolo e poi traduco in italiano»), Poletti ritiene che non solo l’Italia, ma tutto il consesso delle democrazie occidentali troverà una soluzione: «Credo che si possa trovare un sistema più equo e sufficientemente sostenibile, perché se qualcuno pensa che basti rifugiarsi in un paradiso fiscale finiamo nei guai. Ma sono ottimista: le operazioni di un Paese importante come gli Stati Uniti contro le isolette dove si nascondono i capitali mi fa pensare che nel mondo della finanza qualcosa è destinato a cambiare».
Un tema, quello del lavoro che viene meno, ieri al centro di un intervento del presidente della Cei, l’organismo dei vescovi italiani, Angelo Bagnasco: «La disoccupazione cresce, serve un miracolo», ha detto aggiungendo che «mentre la platea dei poveri si allarga inglobando il ceto medio, la ricchezza si concentra sempre più in mano a pochi. Auspico che la concentrazione di risorse incrementi copiosamente gli interventi in attività produttive a vantaggio dei lavoratori».
Nel frattempo, il governo vorrebbe fare la sua parte.
Il Social Act cui pensa il ministro Poletti è una sorta di piano contro la povertà «per non lasciare indietro nessuno». Per farlo bisognerà liberare risorse per la crescita e per la creazione di posti di lavoro. Trovando la rotta, tra decontribuzione e riduzione del cuneo fiscale: «Deve passare l’idea che il lavoro a tempo determinato, e quindi stabile, costa meno del lavoro precario».
Per le misure Poletti rimanda alla prossima Stabilità, nella quale ci sarà, per liberare posti di lavoro, una manovra per la flessibilità in uscita, per andare in pensione tre anni prima senza costi aggiuntivi per lo Stato.
Già in settimana, invece, si dovrebbero conoscere le intenzioni del governo sull’abuso dello strumento dei voucher lavoro, con il varo da parte del Consiglio dei ministri dell’attesa stretta. (Repubblica)
6 giugno 2016