Sono sempre in cima all’agenda di ogni governo appena si insedia. Si creano commissioni, si nominano esperti, si pubblicano dossier ma alla fine, più che di tagli si tratta di trasferimenti di risorse da una voce a un’altra. Il risultato è che tanti stringono la cinghia e piangono per far ingrassare pochi. Un paradosso che spiega come mai mentre il premier Renzi e il ministro dell’Economia Padoan parlano di riduzione della spesa pubblica, Eurostat certifica il contrario.
Padoan ha detto che dal 2014 al 2015 il governo ha tagliato 18 miliardi di spesa pubblica, a cui si aggiungeranno altri 7 miliardi di tagli nel corso del 2016, per un totale di 25 miliardi di risparmio. Eppure secondo i dati Eurostat la spesa pubblica continuerà a crescere, passando da 826 miliardi del 2014 a 835 miliardi nel 2016. Cos’è che non torna?
Veronica De Romanis, ex consulente del ministero dell’Economia ha spiegato che alcune spese sono state tagliate, ma per finanziarne altre. Tant’è che il ministero dell’Economia nelle note esplicative non usa mai il termine «tagli» ma preferisce parlare di «revisione» della spesa e «risparmi».
Il decreto che ha introdotto gli 80 euro in busta paga includeva anche la soppressione di finanziamenti alle regioni e altre misure che hanno portato a un risparmio di circa 3 miliardi. Ma ci sono diverse altre misure non quantificate, che riguardano ad esempio i nuovi limiti di spesa alle consulenze, il tetto agli stipendi di alcuni manager pubblici, tagli ai ministeri e ai finanziamenti delle missioni all’estero. Non è chiarissimo dove siano andati a finire i soldi risparmiati grazie a queste misure: l’Economia ha detto che sono stati spesi per misure di sostegno a crescita e occupazione.
Secondo la Corte dei Conti, però, diverse manovre di risparmio sono state più brutali di quanto sostenuto dal governo.
Innanzitutto quelle sulla sanità . Dalla riduzione delle prestazioni gratuite, al taglio dei posti letto, al ridimensionamento delle strutture, alla riduzione dei giorni di degenza. La sanità è un bacino di risorse che si aggira attorno ai 30 miliardi l’anno e dei quali, secondo il ministero della Salute, ci sono almeno 7 miliardi aggredibili in tempi brevi. Il nodo da sciogliere è quello dei costi standard. Il che vuol dire stabilire, in base a una gara nazionale, un prezzo unico, valido su tutto il territorio. Oggi il prezzo di una siringa può variare anche 30 volte. L’obiettivo di questa revisione è risparmiare tra il 15 e il 20%.
Anche la pubblica amministrazione ha dovuto fare la cura dimagrante. A cominciare dal blocco del turn over che ha creato un esercito di dipendenti anziani impedendo l’ingresso ai giovani. Poi il blocco degli aumenti di stipendio , fermi dal 2010. Per risparmiare si punta a ridurre le centrali di acquisto che quest’anno dovrebbero scendere da 35.000 a 33, di cui una nazionale. Secondo una relazione della Funzione pubblica, le consulenze lo scorso anno, sono aumentate di ben il 60%. In base a quanto previsto dalla legge di stabilità, se nel 2016 si vorrà ricorrere a consulenti o collaboratori esterni non si potrà spendere più del 20% di quanto speso nel 2009. Paletti strettissimi sono posti anche all’acquisto di mobili , tavoli, sedie, armadi e altri elementi di arredamento e computer .
Giro di vite anche per l’acquisto di computer, prodotti informatici e connessioni a internet . La Ragioneria con la legge di stabilità 2016 ha introdotto l’obbligo per le amministrazioni pubbliche di provvedere esclusivamente tramite Consip. L’attuale legislazione prevede infine il divieto di acquisto di nuove auto o di stipula di contratti di leasing sino al 31 dicembre 2016.
L’accetta si è abbattuta su altri comparti. Il settore della difesa e della sicurezza è stato molto penalizzato. Polizia, carabinieri, guardia di finanza , esercito, marina, aeronautica hanno dovuto stringere la cinghia. La legge Madia ha addirittura abolito il Corpo Forestale mettendo a rischio la tutela del patrimonio naturale e paesaggistico e la prevenzione e repressione dei reati in materia ambientale e agroalimentare. I servizi nelle città, prima di competenza dei Carabinieri, verranno svolti in esclusiva dalla Polizia. Per l’ Arma dei Carabinieri ci sarà una riduzione delle Compagnie sul territorio. Sforbiciata a caserme, prefetture e commissariati.
I tagli ai trasferimenti finanziari ai Comuni e alle Regioni hanno portato come conseguenza all’aumento delle imposte locali e alla riduzione dei servizi anche con un peggioramento qualitativo. Un altro cavallo di battaglia del governo è il ridimensionamento delle partecipate ma ancora non è chiaro che fine faranno i dipendenti. La spending review non ha risparmiato gli asili nido e le mense . La cura dimagrante si è estesa ai trasporti . Ne hanno sofferto le grandi città con un paradosso. Mentre si chiedeva ai cittadini di ridurre l’uso dell’auto, in contemporanea venivano ridotti i mezzi pubblici . Meno bus e tram e sempre più fatiscenti per mancanza di manutenzione.
Che dire poi del prosciugamento delle risorse destinate alla cultura e alla ricerca . L’emigrazione di tanti giovani è imputabile oltre che alla dificoltà di trovare occupazione, alla difficoltà di fare ricerca per mancanza di fondi. La crisi dei giornali , che soffrono della concorrenza di internet, è dovuta anche al taglio dei fondi pubblici.
I rubinetti chiusi per la giustizia che ha assistito all’allungamento dei tempi dei procedimenti. Cause infinite che si concludono spesso con la prescrizione e pratiche che si accumulano. L’Inps ha avvertito il governo che se ci saranno tagli, i servizi potrebbero essere compromessi. Infine le pensioni . Il sistema di calcolo contributivo ha ridotto l’assegno finale. È questa l’Italia dei tagli.
Laura Della Pasqua – Il Tempo – 26 aprile 2016