Sostegno alla crescita e agli investimenti. Ma anche famiglia e pensioni. Con due nodi ancora tutti da sciogliere: il tipo di riferimento alla flessibilità in uscita, da rendere eventualmente prioritaria per gli over 63 senza lavoro e da vincolare comunque allo stato dei conti pubblici, e l’intensità della spinta da dare alla richiesta di nuovi interventi per i nuclei familiari, magari evocando una fiscalità di vantaggio specifica per la natalità.
Non è una vera e propria partita quella in atto nella maggioranza in vista delle definizione della risoluzione al Def da votare in Parlamento insieme all’ok allo slittamento del pareggio di bilancio al 2019, ma sicuramente la strada per trovare una posizione di sintesi non si presenta del tutto in discesa. Anche perché lo stesso Governo gioca il suo ruolo cercando di non prestarsi troppo a un eccessivo allargamento della maglie dei conti pubblici che potrebbe rendersi necessario per recepire con la prossima “stabilità” le indicazioni delle Camere sul Documento di economia e finanza. Che domani approderà in Aula alla Camera e quasi sicuramente anche al Senato dove oggi la commissione Bilancio esprimerà il suo parere dopo il “sì” di giovedì scorso della commissione omologa di Montecitorio.
Spetterà a una riunione di maggioranza in programma oggi in Parlamento il compito di trovare la linea di compromesso e abbozzare le risoluzioni da portare in Aula per il voto. Intanto sulle pensioni minime il premier Matteo Renzi rispondendo, a margine delle celebrazioni per il 25 aprile a Roma, a una signora che gli ha sollecitato un intervento ha detto: «Su questo ancora non prendo un impegno».
Tornando alle posizioni della maggioranza, tutti d’accordo nel dare ancora più forza alla strategia di sostegno alla crescita e di spinta agli investimenti già tracciata dal Governo proprio con il Def. E comunità d’intenti sulla necessità di proseguire con l’azione di alleggerimento fiscale per imprese e famiglie.
Ma su quest’ultimo punto Ap chiede con forza che nella risoluzione non ci sia solo un riferimento a un fisco più leggero per le famiglie, oltre che per le imprese, ma anche una precisa indicazione sulla necessità di adottare misure per una fiscalità di vantaggio, e non solo, per la natalità. Le parole di Paolo Tancredi, parlamentare di punta di Ap in commissione Bilancio alla Camera, sono chiare: «Noi puntiamo molto su un alleggerimento della fiscalità sulla famiglia e su misure di vantaggio per la natalità». Tancredi evidenzia le ricadute di interventi pro-famiglia sui consumi: «Il fattore famiglia è un fattore sistemico orientato ai consumi», dice, sottolineando le importanti ricadute del «fattore natalità anche nel processo di riduzione del debito pubblico». Secondo Tancredi occorre puntare anche sulle imprese, in primis le Pmi, e anche sull’immobiliare «investendo sull’edilizia». Sì inoltre a un intervento per rendere flessibile la riforma Fornero sulle pensioni ma compatibilmente con i conti pubblici.
La spinta che intende imprimere Ap sul terreno della famiglia potrebbe favorire un cambio nella strategia del Governo con l’anticipo al 2017 di interventi sull’Irpef (nuove aliquote o estensione ad altre categorie del bonus degli 80 euro) con il ridimensionamento o il posticipo al 2018 del taglio dell’Ires sulle imprese. La decisione, come ha detto Renzi, sarà presa a settembre.
Nel Pd sono però in molti a pensare che il mix impresa-famiglia sia la soluzione migliore. Giorgio Santini (Pd) relatore sul Def in commissione Bilancio al Senato afferma che il primo obiettivo è «irrobustire», come già indicato dal Governo, l’azione in ottica «crescita e sviluppo azionando il più possibile la leva investimenti». E in quest’ottica Santini fa notare che «i 12 miliardi del piano-Juncker sarebbero molto importanti». Gli altri obiettivi da centrare per Santini sono «in un quadro di sostenibilità finanziaria il sostegno a famiglie e, conseguentemente, ai consumi, oltre che alle imprese, e i ritocchi in chiave flessibilità alle pensioni». E su questo ultime fronte, secondo Santini, «si dovrebbe partire dalla disoccupazione involontaria», ovvero da chi perde lavoro dopo i 63 anni.
Marco Rogari – Il Sole 24 Ore – 26 aprile 2016