Luigi Scordamaglia. «Dovrebbe essere l’organo esecutivo che rappresenta gli interessi dell’Europa nel suo complesso e vigila sulla corretta applicazione del diritto comunitario da parte dei Paesi membri, invece la Commissione europea sceglie di non scegliere.
Il mese scorso la Francia ha notificato alla Commissione una proposta di decreto che rende obbligatoria in etichetta l’indicazione d’origine di carni e latte utilizzati come ingredienti, nonché del latte fresco, per i soli prodotti trasformati e venduti sul territorio francese attraverso una procedura abbastanza anomala.
Innanzitutto è quantomeno irrituale il comportamento di un Ministro di uno Stato come la Francia che twitta di aver ricevuto l’approvazione informale dal Commissario europeo competente sul suo provvedimento, mentre l’atto legislativo in questione risulta essere ancora formalmente oggetto di analisi da parte dei servizi competenti della Commissione.
Martedì 12 aprile, a Bruxelles presso la Commissione europea si è svolta la Riunione del Comitato Permanente sulla Salute animale, Cibo e Mangimi che aveva all’ordine del giorno lo scambio di opinioni tra i 28 Paesi UE, oltre alla Norvegia, relativamente alla notifica del decreto francese . La stragrande maggioranza dei paesi si è detta contraria al provvedimento, e non poteva essere che così, perché la maggioranza vuole avere regole armonizzate, concordate e validate a livello europeo. Innescare una definitiva e irreversibile frammentazione del mercato unico europeo, cosa che il moltiplicarsi di norme come il decreto francese provocherebbe, è solo nell’interesse di chi non crede nell’Europa. Ora alla nostra filiera e al nostro Paese serve una prova di maturità. Bisogna resistere alla tentazione di riproporre anche da noi l’iniziativa protezionista francese e avere la forza ed il coraggio di portare la battaglia sull’origine a Bruxelles chiedendo regole valide e uniformi per tutti. E’ quindi necessario che anche da noi si ribadisca a gran voce quanto sia importante – ora più che mai – decidere e stabilire le regole sull’etichettatura degli alimenti nei competenti tavoli a livello europeo. Interventi nazionali di matrice protezionista violano e inficiano il mercato unico europeo e vanno pertanto contrastati e invalidati, percorso che deve essere portato avanti soprattutto dalla Commissione europea.
Come industria alimentare italiana il nostro obiettivo è anche difendere il mercato unico europeo e per questo non saremo mai favorevoli all’adozione di norme create e validate solo per i produttori italiani e non per quelli di altri Paesi che vendono nel nostro mercato.
Anche se informalmente, negli ambienti brussellesi si parla già di un’imminente approvazione formale da parte della Commissione, alla luce dell’impegno che sarebbe stato assunto al massimo livello politico, nonostante le forti perplessità tecniche esistenti.
Al di là della forma molto poco istituzionale e alquanto discutibile adottata dal Ministro francese, su questo provvedimento colpisce la schizofrenia del legislatore europeo che, da un lato pubblica studi che dimostrano come i benefici derivanti da simili iniziative per il consumatore sarebbero decisamente inferiori ai costi aggiuntivi che lo stesso sarebbe chiamato a pagare. Dall’altro chi legifera preferisce deresponsabilizzarsi autorizzando la Francia a procedere in senso opposto a quello ritenuto opportuno e validato a livello comunitario. Con l’aggravante della consapevolezza che questo esempio possa essere imitato da altri Paesi europei e che se così fosse porterebbe a una totale frammentazione del mercato unico europeo.
La domanda da porsi ora è: tutto questo nell’interesse di chi è fatto? Sicuramente non del consumatore, visto che sullo stesso mercato francese (e di quei Paesi che ne dovessero seguire l’esempio) i prodotti importati non offriranno le stesse indicazioni e garanzie di quelli nazionali, creando e incrementando così confusione e disinformazione. E nemmeno si tutela l’interesse dei produttori più seri, considerando che gli stessi dovranno, tra l’altro, utilizzare etichette diverse a seconda che il prodotto sia destinato al mercato nazionale o a quello estero. L’unico e solo interesse che traspare è, in realtà, quello di chi vuole mantenere l’Europa debole, divisa, incapace e timorosa di decidere, preoccupato solo di non disturbare i Paesi che contano.
Vedremo cosa succederà nei prossimi giorni al provvedimento francese ma la Commissione sembra decisa ad avallare il provvedimento. Meglio farebbe, a questo punto, l’esecutivo europeo a dichiarare apertamente la propria “volontà di non scegliere” sulla base d’ interessi superiori, che però risultano poco comprensibili a chi è fuori da certe logiche. Con buona pace dei principi fondanti l’Unione e soprattutto di quei cittadini che si pretenderebbe di tutelare”.
Luigi Scordamaglia è Presidente della Federazione italiana dell’industria alimentare
Il Sole 24 Ore – 17 aprile 2016