Meno crescita, 1,3% quest’anno rispetto all’1,6 previsto a dicembre, e 1,4% il prossimo. Blocco del deficit all’1,1% con la riserva di disinnescare la clausola di salvaguardia da 15 miliardi nella prossima legge di Bilancio e portare il rapporto all’1,8%. Come informalmente concordato proprio negli ultimi giorni con Bruxelles dopo un braccio di ferro di mesi e i ripetuti “no” Ue. Questi i punti del Documento di economia e finanza(Def) ieri sera al centro di un vertice a Palazzo Chigi tra Renzi e Padoan che sarà varato oggi pomeriggio dal governo. Con i numeri che potrebbero lievemente variare fino all’ultimo.
Subito dopo, tra fine mese e maggio, un decreto per imprese e crescita per dare fiato all’economia: il provvedimento che, secondo Padoan dovrebbe dare un impulso dello 0,2% al Pil, prevede un azzeramento della tassa sui capital gain per chi investe in piccole e medie imprese, l’introduzione di conti-titoli mirati per favorire gli investimenti nelle non quotate con sconti fiscali sul modello dei venture capital trust e rafforzamento degli sgravi sugli utili reinvestiti.
Nodo delle ultime ore resta il livello dell’inflazione nel Def: dovrebbe raggiungere lo 0,7-0,8 totalizzando una crescita del Pil nominale intorno al 2%. Previsione che metterebbe al riparo la diminuzione del debito che si calcola in relazione al Pil nominale (cioè inflazione compresa). Nei giorni scorsi l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) aveva suggerito al governo di non eccedere con il tasso d’inflazione visto il calo dei prezzi di materie prime e petrolio. Ieri anche il governatore di Bankitalia Visco ha osservato che in molti contratti di lavoro c’è una clausola anti-aumenti che prevede riduzioni dei salari in caso di ulteriore calo di inflazione. Una pratica «generalizzata» che porterebbe ad un «significativo calo dei salari riflettendosi sulla dinamica dell’inflazione».
Sul piano dei conti pubblici, in virtù dell’accordo informale raggiunto con Bruxelles nelle scorse settimane, l’Italia potrà chiudere il 2016 con un deficit al 2,3% del Pil, numero che comparirà nel Def di oggi e che sarà centrato grazie all’aggiustamento amministrativo previsto per l’assestamento di bilancio di giugno da circa 2 miliardi pari a un decimale di disavanzo.
E nelle scorse ore lo staff di Padoan ha anche chiuso con Bruxelles l’accordo informale sul 2017 inseguito da mesi. Roma il prossimo anno dovrebbe abbassare il deficit all’1,1% con una manovra monstre da 19 miliardi. Dopo lunghissimi negoziati, l’intesa informale prevede una flessibilità dello 0,7%, pari a 11 miliardi con il risanamento che potrà fermarsi all’1,8%. Secondo le regole Ue, la flessibilità può essere data per un solo anno (e l’Italia nel 2016 ne ha portata a casa 0,9%, 14,5 miliardi) e dunque l’anno prossimo lo sconto non sarà accordato grazie a riforme e investimenti, ma riconoscendo una serie di circostanze eccezionali (come migranti e sicurezza) e probabilmente con una revisione di alcuni parametri tecnici come il calcolo della crescita potenziale (output gap), che secondo l’Upb vale lo 0,15%.
Ad ogni modo l’1,8% concordato per il 2017 in quanto frutto di una intesa informale non dovrebbe comparire nel Def, dove dovrebbe restare un deficit programmatico all’1,1%, ma l’accordo con la Ue garantirà il via libera alla manovra 2’16 a maggio, quando la Commissione si pronuncerà definitivamente sui conti italiani. Dopo non si esclude che Renzi riapra l’intesa, chiedendo ulteriori decimali di flessibilità in modo da poter disinnescare 15 miliardi di clausole sull’Iva e tagliare le tasse. Insieme al Def oggi passerà anche il Pro- gramma nazionale di riforma (Pnr), entrambi da notificare a Bruxelles. Il documento parla di una spending review di 2,7 miliardi nel 2017, 2,1 nel 2017 e 2,8 nel 2018. C’è poi l’impegno a privatizzare Fs, Enav e altre società pubbliche per un valore dello 0,5% del Pil annuo nel triennio 2016-2018 e dello 0,3% nel 2019.
Repubblica – 8 aprile 2016