Leggiamo qualche libro in più, mangiamo meglio, ingrassiamo meno. Invecchiamo bene, rispetto al resto dell’Europa, anche se negli ultimi mesi le prospettive di vita sono leggermente diminuite. L’Italia, si sa, non è un posto per giovani. E i dati dell’Istat fotografano un Paese dove, per chi ha meno di quarant’anni, la vita è più dura che altrove. Eppure, fra le statistiche sull’invecchiamento della popolazione e sulle differenze di genere e di territorio — donne e Sud sono ancora due questioni da affrontare e sciogliere — spunta qualche tendenza positiva.
L’Italia, prima di tutto, è un Paese che non si lamenta troppo del proprio reddito: poco meno della metà delle famiglie si considera sufficientemente soddisfatta del livello di vita raggiunto. Fra i giovani che non se ne vanno c’è un po’ di rassegnazione in meno, qualcosa comincia a muoversi: il tasso di disoccupazione degli under 29 resta drammatico, ma per la prima volta dall’inizio della crisi, la quota di Neet — i giovani che non studiano, non lavorano, né fanno formazione — risulta in calo. Comincia a diffondersi anche qualche buona pratica, come quella della raccolta differenziata, il livello dell’assistenza sanitaria — nonostante i tagli praticati dalla spending review e gli scandali e la corruzione a parte — è nel complesso sugli standard europei, i tassi di mortalità addirittura più bassi.
Eppure manca la spinta: il Paese è ancora seduto, fa sempre meno figli, i matrimoni scarseggiano (anche i divorzi comunque), scienza, tecnologia è innovazione sono — per una buona fetta della popolazione — un territorio tutto da scoprire. Gli investimenti non aiutano: la spesa in ricerca è aumentata rispetto al Pil (1,31 per cento), ma resta decisamente sotto la media europea (oltre il 2). Diminuiscono gli abbandoni scolastici e aumentano le lauree, ma quelle in discipline tecnico-scientifico ancora scarseggiano. Fra le sfide da vincere quella digitale. Gli utenti di Internet nel nostro paese sono il 60,2 per cento (circa 34 milioni 500mila persone), contro una media Ue a 28 del 75, e solo il 40,3 per cento si connette quotidianamente. La totalità delle regioni del Centro-Nord ha livelli di uso di Internet superiori al valore nazionale, nel Mezzogiorno la quota è più bassa. L’uso della rete è fortemente collegato all’età e ad eccezione dei più giovani, è ancora caratterizzato da forti differenze di genere.
Repubblica – 8 aprile 2016