«Cocal» o «magoga» che dir si voglia, importante è non fare confusione perché esistono 60 diverse specie di gabbiani e il nemico, nella piazza più bella del mondo, Piazza San Marco, è solo uno: il Gabbiano Reale. Sfrontato, famelico, aggressivo e, sembra, invincibile.
Non sono bastati le trasmissioni sonore al cimitero di San Michele sperimentate dalla multiutility comunale Veritas negli ultimi due anni e neppure l’uso dei falchi. Proprio a San Michele un cucciolo di falco è stato accerchiato e ucciso dai gabbiani «residenti». I turisti che si entusiasmano per l’acqua alta spesso ridono anche dei voli in picchiata dei gabbiani sui loro tramezzini ma chi in piazza lavora da sempre all’insegna del prestigio e del decoro non ride poi molto.
L’ennesimo grido d’allarme, infatti, arriva dall’associazione dei commercianti del salotto buono della città che, dopo aver inutilmente contattato esperti di ogni genere e dopo aver archiviato preventivi salati di falconieri in grado di garantire un vigilantes pennuto, non possono far altro che segnalare, una volta di più, l’emergenza. Sembrano lontani i tempi in cui «Uccelli» di Hitchcock veniva evocato nelle disamine sui prolifici piccioni responsabili di marmi corrosi e colate di guano. Ora si è ufficialmente aperto un nuovo capitolo nella citazione del capolavoro del maestro del brivido. Con una differenza, se i piccioni provocavano fastidio e danni al patrimonio artistico cittadino, ora a Venezia il vis-à-vis con stormi di gabbiani voraci provoca più di qualche brivido di autentico terrore.
«È capitato anche a me – ammette Vanni Bonotto, dello storico Caffè Quadri gestito dagli Alajmo de Le Calandre – qualche settimana fa uscivo dal Caffè con un panino recuperato al volo e attraversavo la piazza. Ho sentito un frullare d’ali alle mie spalle e in un lampo il panino era sparito dalle mie mani. Mi è andata bene visto che un secondo prima l’avevo addentato». La conta dei danni parla di almeno un vassoio ogni dieci che non riesce ad arrivare ai clienti seduti ai tavolini all’aperto. Depredati o rovesciati, il risultato non cambia. Anche camerieri che servono da decenni i plateatici più chic di Venezia non si capacitano di quella che oramai in molti viene definita l’«evoluzione della specie». Qui i rimandi cinematografici scadrebbero in copioni di sci-fi thriller molto meno nobili, fatto sta che i gabbiani reali 2.0 esistono davvero.
«Il fenomeno è nato da una quindicina d’anni – commenta Marco Dinetti, responsabile nazionale per il settore dell’Ecologia Urbana per la Lipu – questa particolare specie di gabbiani, il gabbiano reale, appunto, ha modificato le sue abitudini dopo un’attenta osservazione dell’uomo in ambienti urbani. E non parliamo solo di città di mare, sto seguendo questa problematica anche in altre città alle prese proprio con il gabbiano reale, una specie nidificante che si caratterizza come una delle più opportuniste. Una specie che si è affrancata dal mare e ha seguito l’uomo anche nell’entroterra iniziando a nidificare sui tetti delle città e parlo di Bolzano, Viterbo, Firenze, Torino e Cuneo. Raggiungere luoghi così distanti dal mare non è un problema per loro visto che sono veri e propri pendolari con movimenti di 50-60 km alla ricerca di cibo. Capendo che il cibo non c’era solo in mare ma anche nelle discariche, nei campi e in città con prede morte, ad esempio i piccioni, ma anche vive e catturati con le modalità di un vero predatore».
Quindi, effettivamente, la teoria dell’evoluzione della specie regge. Il punto chiave restano i tetti su cui i gabbiani reali nidificano e da Dinetti arriva un monito per operai edili e antennisti da aprile a maggio, periodo in cui si schiudono le uova, un caschetto prima di accedere ai tetti è d’obbligo perché se di norma l’uomo non viene aggredito, l’istinto di protezione verso i piccoli può portare anche a comportamenti più aggressivi». Intelligenti e specie gregaria che quindi si muove e si difende in gruppo, i gabbiani sono pure «social» per dirla con l’esperto della Lipu: «noi usiamo gli sms ma loro si tengono aggiornati sui luoghi migliori ad esempio per recuperare il cibo», Piazza San Marco inclusa. I deterrenti non mancano ma si tratta di prendere provvedimenti capillari a partire proprio dai tetti. «Durante l’inverno e fino a febbraio – conclude Dinetti – si possono installare dispositivi specifici che dissuadano i gabbiani dal nidificare, a volte, è sufficiente una tessitura di cavi o fili che renda difficile all’animale, che non è un gran manovratore a causa della sua apertura alare, la costruzione del nido». E poi l’abc è semplice e va nella direzione sperimentata dall’autunno scorso da Veritas fra l’Accademia e la Salute: ridurre al minimo l’immondizia con avanzi di cibo in città. Veritas fa sapere che l’abolizione delle sportine in calle e la raccolta attraverso barche dell’immondizia ha raggiunto il duplice scopo di far sloggiare i gabbiani e di aver raddoppiato la differenziata arrivata ormai al 40% e non esclude di estendere il metodo ad altre zone della città. La «grande guerra» ai cocai continua.
Martina Zambon – Corriere del Veneto – 1 aprile 2016