I rendiconti, stavolta, sono perfetti. Nulla da eccepire. E non avrebbe potuto essere altrimenti, vien da pensare leggendoli, dal momento che alla voce «uscite» tutti, ma proprio tutti i bilanci presentati dai gruppi del consiglio regionale recitano un tondo zero-virgola-zero . Insomma, nessuno ha speso niente, nei primi sei mesi della decima legislatura a Palazzo Ferro Fini, neppure un euro per una penna, una matita, mezza risma di carta.
E la Corte dei conti, a differenza che nel 2013, nel 2014 e nel 2015, due settimane fa non ha potuto far altro che apporre il suo timbro di regolarità.
Un’eccezione, a dire il vero, c’è ed è il gruppo di «Indipendenza Noi Veneto» capitanato da Antonio Guadagnini (che ne è anche l’unico membro). La compagine secessionista ha infatti rendicontato e puntualmente documentato una spesa di 29,42 euro, necessaria alla tenuta del conto corrente bancario (con relativa imposta di bollo) su cui sono stati versati i contributi per le spese di funzionamento e del personale, per un totale di 70.988,29 euro. Guadagnini, in pratica, ha aperto il conto corrente, s’è fatto dare i soldi come previsto dalla legge ma non li ha toccati. Tutti gli altri dodici gruppi, a scanso di equivoci, non hanno neppure aperto il conto. «Dato atto che non hanno percepito alcuna somma a titolo di contributo per spese di funzionamento e personale e che, pertanto, tutte le voci di spesa dei rendiconti risultano a zero – scrive il presidente della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti, Josef Hermann Rössler – per questi motivi si dichiara la regolarità dei rendiconti dei gruppi consiliari, relativi all’esercizio 2015, periodo dal 30 giugno 2015 al 31 dicembre 2015».
Ora, è evidente che la conclusione drasticamente parsimoniosa a cui sono pervenuti i capigruppo è figlia della feroce stagione di contenziosi che nella scorsa legislatura ha visto protagonisti da un lato il consiglio regionale e dall’altro i magistrati contabili. Si parte nel 2013 (l’oggetto sono i rendiconti del 2012) con il primo round finito addirittura davanti alla Corte costituzionale, quindi il 2014 (su rendiconti 2013) con le sei ordinanze del Tar e poi il 2015, con il record assoluto di quattro deliberazioni della Corte dei conti, un’ordinanza collegiale, due sentenze del Tar ed una sentenze delle Sezioni riunite a Roma. Un tourbillon di carte bollate partito dal sospetto che anche in Veneto si annidassero scandali in stile er Batman Fiorito o mutande verdi, passato attraverso la scoperta di alcune effettive approssimazioni contabili (ma nulla che facesse gridare allo scandalo, tecnicismi ragionieristici, per lo più, e qualche cena al ristorante di troppo) e culminato in buro-cortocircuiti degni di Ionesco, come la contestazione da parte della Corte dei conti delle parcelle degli avvocati incaricati dai gruppi della difesa davanti alla Corte stessa, oppure l’irregolarità evidenziata dai magistrati circa la mancata firma di un rendiconto da parte di un capogruppo, Giuseppe Bortolussi, purtroppo scomparso un mese prima che il rendiconto venisse compilato.
«Al mio gruppo ho dato un’indicazione chiarissima – spiega Nicola Finco, Lega – nessuno tocca un euro, le spese le paghiamo di tasca nostra. D’altra parte come posso comprare un toner coi soldi del consiglio, diciamo 50 euro, se poi questo mi costa 10 mila euro di avvocati per spiegare il come, il dove e il perché alla Corte dei conti? (il caso non è di scuola, è accaduto davvero, ndr .). L’attività politica è bloccata, i gruppi hanno smesso di avvalersi anche della collaborazione di esperti e consulenti utili alla redazione dei progetti di legge, siamo alla paralisi. Una situazione in linea con i desiderata del Governo, che punta ad azzerare le Regioni, ma per me inaccettabile tanto che ho già chiesto al presidente del consiglio, Roberto Ciambetti, di attivarsi con la Corte per predisporre insieme ai magistrati un regolamento che ci tolga dallo stallo». Ciambetti avrebbe già avuto alcuni incontri in campo Sant’Angelo ma senza troppe fortune: «Abbiamo ancora un contenzioso aperto davanti al Consiglio di Stato – spiega – e fino a che non sarà chiuso anche quello i capigruppo, per la tranquillità di tutti, hanno optato per il blocco totale delle spese». Il Pd, per dire, ha aperto il suo conto corrente soltanto a febbraio: «C’erano incertezze anche sui fondi a disposizione – racconta Alessandra Moretti – ora abbiamo stilato un elenco di attività “ammissibili”, credo che in aprile partiremo con i primi convegni e le prime consulenze». Ma la voce è incerta, ricorda la Signora Longari a «Rischiatutto».
Marco Bonet – Il Corriere del Veneto – 29 marzo 2016