Qualcuno si è anche domandato se indossasse di nuovo la cravatta blu del “whatever it takes”. Se la cravatta fosse cioè quella delle grandi occasioni, della volta che Mario Draghi ha salvato l’euro con la sola forza delle parole, ricordando ai mercati un antico adagio: mai scommettere contro una Banca centrale. Ma ora la sfida non riguarda la tenuta della moneta unica, bensì l’indicatore principale per le scelte della Banca centrale europea: l’inflazione. Ed è attualmente molto appesantito da dinamiche che la Bce può raddrizzare solo in parte.
Ma ieri Draghi ha dimostrato ancora una volta di essere disponibile a fare tutto ciò che può, nei limiti delle sue facoltà, per scongiurare la deflazione e un deragliamento della ripresa. Polemizzando anche con i critici, soprattutto tedeschi, che lo hanno massacrato di obiezioni: «se avessimo detto ‘nein zu alles’(no a tutto,ndr), ci saremmo ritrovati con una paurosa deflazione», ha sibilato in conferenza stampa.
La Bce ha dunque approvato «a stragrande maggioranza», come Draghi ha sottolineato più volte, un pacchetto di misure che, combinato, va al di là delle più rosee aspettative degli analisti. Ha abbassato il tasso di riferimento principale a zero (da 0,05%) e quello sui depositi che le banche usano per parcheggiare liquidità a breve termine di un decimale, a -0,4%. L’euro ha reagito cadendo prima come una pietra contro il dollaro, ma poi è risalito veloce quando Draghi ha fatto capire che all’orizzonte non ci sono nuovi tagli. Finora l’esperienza coi tassi negativi «è stata molto positiva», ha rivelato, perché «ha allentato le condizioni di finanziamento e favorito una trasmissione migliore di queste all’economia reale». Ma in futuro non è escluso che questa “sanzione” possa sortire un effetto negativo sui bilanci: l’italiano è sembrato dunque escludere ulteriori mosse su quel fronte. Anche le Borse hanno prima festeggiato il pacchetto di Draghi per poi piegare in negativo dopo il passaggio sui tassi futuri. In realtà Draghi ha anche detto che rimarranno all’attuale livello «per molto tempo». Il Consiglio direttivo ha annunciato poi che comprerà molti più titoli privati e pubblici di quanto non abbia fatto sinora, estendendo da aprile il cosiddetto “Quantitative easing” dagli attuali 60 a 80 miliardi di euro al mese. Resta confermata la scadenza dell’operazione, settembre 2016. Ma il carnet dei bond sarà allargato a titoli emessi dalle aziende, dopo che era già stato esteso a quelli delle amministrazioni locali. «Abbiamo dimostrato di non essere a corto di munizioni », ha scandito Draghi, dopo le polemiche delle ultime settimane sul presunto esaurirsi degli strumenti monetari a disposizione della Bce. L’intervento complessivo vale 2.200 miliardi. «Il quadro è cambiato molto», ha aggiunto, e «soprattutto a causa dall’indebolimento significativo delle prospettive di crescita globali ». Gli economisti dell’Eurotower hanno rivisto infatti le stime sia sui prezzi sia sul Pil. L’inflazione dell’eurozona sarà appena dello 0,1%, contro l’1% previsto a dicembre, e Draghi, pur sostenendo che «non siamo in deflazione », ha ammesso che «nei prossimi mesi l’inflazione sarà negativa, e tornerà positiva verso la fine dell’anno». L’anno prossimo i prezzi saliranno dell’1,3% (contro l’1,6% previsto in precedenza) e nel 2018 dell’1,6%. Anche la crescita sarà più debole: l’1,4% (dall’1,7% di dicembre), resta invece il pronostico di 1,7% nel 2017.
Inoltre, la Bce farà partire da giugno, per quattro trimestri, una nuova mega operazione di liquidità a lunga scadenza, dalla durata di quattro anni, un cosiddetto Tltro. La sorpresa è che anche su questi prestiti verrà applicato il tasso negativo dello 0,4%. Se prenderanno i soldi dall’Eurotower, le banche saranno addirittura pagate, anche se solo dopo un periodo di prova, se dimostreranno di aver concesso prestiti ad aziende e famiglie, insomma di aver “girato” liquidità all’economia reale (unica eccezione: i mutui). Peraltro, il pacchetto di ieri dimostra che la Bce sembra aver imparato la “lezione giapponese”: grandi operazioni di liquidità vanno combinate con tassi negativi, per funzionare. Quello che conta sono le sinergie, ama dire lo stesso Draghi.
Repubblica – 11 marzo 2016