Manca una decina di giorni alla scadenza di fine febbraio dell’accordo trimestrale sul prezzo del latte alla stalla da 36 centesimi il litro, ma all’orizzonte si stanno addensando nuvole grigie. Un passo indietro fino alla prima settimana di novembre, quando gli allevatori protestarono davanti allo stabilimento Galbani del gruppo Lactalis di Ospedaletto Lodigiano.
A novembre il prezzo medio percepito dagli allevatori era di 34 centesimi, ma lamentavano costi di produzione per almeno 38-40 centesimi. Dopo giorni di proteste e tensioni, la situazione si sbloccò con un accordo al ministero delle Politiche agricole: fino a fine febbraio le aziende di trasformazione avrebbero pagato 36 centesimi più un centesimo derivante dalla distribuzione di 25 milioni di euro della Ue. Altro fattore concordato al tavolo latte: l’avvio dell’indicizzazione del prezzo che dovrebbe evitare eccessive flutuazioni e dare più certezze.
A una decina di giorni dallo scadere dell’accordo però, non si va al di là dei tavoli tecnici per esaminare i parametri di indicizzazione messi a punto da Ismea, mentre le tendenze di mercato che si stanno consolidando dicono che dal primo marzo il prezzo del latte potrebbe drammaticamente passare da 36 a meno di 34 centesimi il litro. Quattro i parametri di riferimento concordati per l’indicizzazione: prodotti a medio-bassa stagionatura, prodotti a elevata stagionatura, prodotti esteri, input (costi) di produzione. Praticamente a fine gennaio tutte le voci di riferimento segnano più o meno ribassi, a eccezione dei prodotti a lunga stagionatura dove Grana Padano e Parmigiano Reggiano registrano rialzi.
Nel frattempo le industrie di trasformazione stanno mettendo le mani avanti, forti anche del fatto che in questo periodo sul mercato europeo c’è una elevata quantità di materia prima (2,7 milioni di tonnellate in più a fine 2015 rispetto a dicembre 2014). Un paio di giorni fa il gruppo Igor, tra i principali produttori di gorgonzola, ha inviato una lettera agli allevatori conferitori per spiegare che, giunti a scadenza, i contratti saranno rinegoziati azienda per azienda. Sulla stessa lunghezza d’onda le lettere spedite agli oltre 650 conferitori dal gruppo Italatte (Lactalis). Lo stesso gruppo, secondo alcuni osservatori di mercato, avrebbe anche disdetto una settantina di contratti a valere da aprile.
In quello che viene definito il triangolo bianco del latte in Italia – Brescia, Cremona, Lodi (la Lombardia produce quasi il 42% del latte nazionale) – c’è naturalmente preoccupazione. Se dal primo marzo dovesse essere applicata l’indicizzazione, con questi valori si rischia di scendere sotto i prezzi di novembre. Se invece l’indicizzazione dovesse slittare, allora servirebbe un altro accordo ponte. Ma non sono pochi gli allevatori e gli osservatori di settore a dire che con questi livelli di prezzo – la media Ue di gennaio è stata di 29,83 euro per quintale – e con queste quantità di latte spot sul mercato, le aziende di trasformazione avrebbero tutto l’interesse a contrattare con i singoli allevatori. Con l’idea di aggiungere al prezzo un “premio di italianità”, variabile a seconda di qualità e durata del contratto (fino a un massimo di quattro cent).
Roberto Iotti – Il Sole 24 Ore – 19 febbraio 2016