Secondo il Consiglio di indirizzo e vigilanza, organo di controllo che approva i bilanci dell’istituto previdenziale, i tagli del governo “sono di pregiudizio alla funzionalità dell’Istituto e incidono sulla qualità dei servizi erogati”
Rosso sempre più profondo per l’Inps. Che l’anno prossimo si ritroverà con il patrimonio sottozero. E coglie l’occasione per lanciare un avvertimento al governo: i circa 700 milioni di tagli alle sue spese di funzionamento previsti per quest’anno “sono di pregiudizio alla funzionalità dell’Istituto e, in particolare, incidono sulla qualità dei servizi erogati”. Il bilancio di previsione 2016 dell’istituto previdenziale guidato da Tito Boeri, approvato dalConsiglio di indirizzo e vigilanza con il voto contrario della Uil, indica in 11,2 miliardi il disavanzo economico stimato per questo esercizio: 2 miliardi in più rispetto a quello registrato nel 2015. Il disavanzo finanziario di competenza dovrebbe invece attestarsi a 3,2 miliardi, 2,8 in meno rispetto alle previsioni aggiornate per il 2015. Il patrimonio è ridotto a 1,78 miliardi e, ha detto il membro del Civ Gianpaolo Patta, andrà “sotto zero nel 2017?.
L’organo di controllo, il cui presidente Pietro Iocca già lo scorso anno aveva lanciato un allarme sui conti futuri dell’istituto, ha rilevato anche che “non sono ancora intervenute le soluzioni legislative dallo stesso auspicate per conseguire gli equilibri di bilancio di tutti i fondi e le gestioni previdenziali amministrate dall’Inps aventi un trend negativo”. In più ci sono le sforbiciate alle uscite: nel 2016 l’importo dei tagli è previsto a “circa 694 milionied è destinato, in attuazione delle misure di contenimento previste nella legge di Stabilità per il 2016, a essere aumentato di ulteriori42 milioni con la prima nota di variazione al bilancio di previsione approvato oggi”. Con un inevitabile impatto negativo sui servizi, secondo l’organo che approva il bilancio.
Quanto alle entrate e uscite contributive, la previsione è di 218,6 miliardi di entrate, in aumento di 4,6 sul 2015, e 308,8 miliardi versati per prestazioni istituzionali: 724 milioni in meno rispetto all’anno scorso. La spesa per prestazioni pensionistiche è prevista pari a 272 miliardi, 679 milioni in meno rispetto al 2015.
La spesa-pensioni supera le entrate da contribuzione
Sono i notai a guidare la classifica dei pensionati più ricchi, con un assegno medio (interamente coperto dai contributi) di 76.900 euro annui nel 2014. Al secondo posto i giornalisti (54.000 euro), poi i dirigenti d’azienda ex Inpdai (50.000), gli iscritti al Fondo volo (45.000), in quinta posizione i commercialisti (36.000) e poi gli avvocati (27.000). I dati arrivano dal 3° Rapporto di Itinerari previdenziali (IP), la società guidata da Alberto Brambilla che con il suo “Bilancio annuale del sistema previdenziale italiano” prosegue il lavoro di analisi indipendente che era svolto in passato dal Nucleo di valutazione della spesa previdenziale, istituito con la riforma Dini e poi chiuso.
Il dossier presentato ieri alla Camera ha offerto il consueto e assai significativo insieme di dati sugli andamenti finanziari e demografici delle pensioni e dell’assistenza. Il valore di questo Rapporto sta nella dimensione dei dati presi in esame, che fotografano gli andamenti della spesa pensionistica, delle entrate contributive e dei saldi delle differenti gestioni pubbliche e privatizzate che compongono il sistema pensionistico obbligatorio del nostro Paese dal 1989 al 2014. Tra le principali evidenze spicca la dimensione della spesa. Nel 2014 le uscite per il nostro welfare sono state pari a 439,366 miliardi, il 53,18% dell’intera spesa pubblica al lordo degli interessi sul debito. La spesa per pensioni relativa a tutte le gestioni (al netto della quota Gias) è stata pari a 216,107 miliardi (+0,69% sul 2013) mentre le entrate contributive sono state pari a 189,595 miliardi (+0,12%). Secondo la contabilità IP, sottraendo le imposte che lo Stato ha incassato nel 2014 direttamente sulle pensioni (salvo ulteriore conguaglio a fine anno) pari a 42,9 miliardi, il totale di questa spesa scende a 173,204 miliardi (il 10,6% del Pil e non il 15,46% conteggiato con il modello Istat e valido in sede Ue). Se, ancora, si separasse l’assistenza dalla previdenza dai 173,2 miliardi si scenderebbe a 163,3 miliardi: «trascurando le integrazioni al minimo – si legge nel rapporto – il bilancio previdenziale presenta nel 2014 un leggero passivo di 560 milioni di euro, a dimostrazione del fatto che il nostro sistema grazie alle numerose riforme che si sono susseguite nel corso degli ultimi anni è stato stabilizzato e messo in sicurezza».
Tornando alla classifica per gli importi più elevati della pensione, il primo posto dei notai sfuma se si considerano anche, come fa il Rapporto, gli organi costituzionali. In questo caso in vetta si pongono i giudici della Corte costituzionale con 200.000 euro, seguiti dai senatori in pensione (oltre 91.000 euro all’anno), dai deputati e consiglieri regionali. E, subito dopo i notai, troviamo i pensionati della Suprema corte, con oltre 68.000 annui, seguiti dal personale in quiescenza della Camera, Senato e Presidenza della Repubblica, allo stesso livello dei giornalisti.
Davide Colombo – Il Sole 24 Ore – 18 febbraio 2016