Un paniere ampio di servizi di welfare, tutto a vantaggio dei dipendenti, anche agli occhi del Fisco. I voucher per pagare l’asilo nido o la baby sitter, le borse di studio per i figli, solo per fare qualche esempio, dal 2016, oltre a essere esentasse se assegnati volontariamente dall’azienda, lo saranno anche se previsti dai contratti “integrativi”, una novità quest’ultima rispetto al sistema attuale. In più, si potranno chiedere, in tutto o in parte, in alternativa al premio di produttività e con un forte incentivo fiscale, senza subire nemmeno la tassazione al 10% prevista per i premi.
Il disegno di legge di Stabilità, che sta per arrivare al traguardo finale, prevede infatti la completa esenzione fiscale per le prestazioni «riconosciute dal datore volontariamente» o per quelle rese «in conformità di contratti, accordi o regolamenti aziendali». In realtà già oggi ci sono alcuni beni e servizi, chiaramente individuati dalla legge (il punto di riferimento è l’articolo 51 del Tuir), che possono essere riconosciuti ai dipendenti senza “costi aggiuntivi”. Con il restyling in arrivo però si aumenta la potenza di fuoco dei contratti “integrativi”: si stabilisce infatti che l’esclusione dal reddito ai fini Irpef scatta anche per quelle misure concesse per scopi specifici di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria concessi in forza di “patti” di secondo livello (contratti, accordi o regolamenti aziendali) a tutti i dipendenti, o a specifiche categorie, nonché ai familiari degli stessi. Questa estensione, secondo le stime del Governo, potrebbe riguardare, sulla base di dati Cisl, circa 620mila lavoratori, e si prevede un mancato gettito di 3,9 milioni nel 2016 e di 4,2 dal 2017. Secondo l’Osservatorio Cisl – che a oggi conta circa 4.500 accordi – il welfare integrativo nei primi 6 mesi del 2015 ha guadagnato circa 6 punti percentuali rispetto al 2014, attestandosi al 14% dei contratti di secondo livello monitorati.
Ma non solo. Dalle tasse saranno esclusi anche i “rimborsi” per l’assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti. Inoltre, sarà allargato l’elenco di “prestazioni” che beneficiano dell’esenzione Irpef per i servizi di educazione e istruzione (anche in età prescolare) dei figli.
Tutti questi benefit, precisa il Ddl di Stabilità, potranno essere “offerti” attraverso documenti cartacei o elettronici, riportanti un valore nominale.
Un pacchetto di misure che punta a riordinare la disciplina frammentata del welfare aziendale e che porta l’Italia nel “club dei virtuosi” a livello europeo. Come evidenzia l’elaborazione di Sts Deloitte, dal 2016 si allargherà il carnet di prestazioni agevolate, continuando comunque ad applicarsi le regole e i tetti previsti dall’articolo 51 del Tuir. Una mossa che ci avvicina al Regno Unito, lo Stato per vocazione “storica” più attento al welfare aziendale, soprattutto se inteso nel senso più stretto del termine, ossia come assistenza di natura sociale alle fasce più deboli. «A prescindere dalle singole voci di esenzione – spiegano i ricercatori di Sts Deloitte – tutto l’ordinamento britannico è permeato dalla nozione di welfare privato e sono presenti agevolazioni, ad esempio, per le biciclette fornite ai lavoratori, alcuni regali, i pacchi natalizi e così via, nell’ambito del sistema Paye (Pay as you earn) che governa l’applicazione delle imposte sui redditi di lavoro dipendente».
L’ordinamento spagnolo è molto simile a quello italiano: alcuni sconti presenti nella penisola iberica sono analoghi ai nostri, come l’alloggio tassato sulla rendita catastale se messo a disposizione del lavoratore direttamente dall’azienda, l’esenzione limitata per i ticket restaurant, il tetto alla deduzione dei contributi sanitari e di quelli versati alla previdenza complementare.
In Germania, secondo gli esperti di Sts Deloitte, molte agevolazioni sono concesse solo se la spesa soddisfa un interesse del datore di lavoro o, comunque, se è collegata allo svolgimento di una determinata prestazione lavorativa (check up medici, corsi di lingue e di formazione), ma non ci sono esenzioni per i servizi di trasporto e per la cura degli anziani, e la deducibilità dei contributi alla previdenza complementare è fortemente limitata.
Mentre la normativa belga è decisamente articolata: ad esempio, si sottolinea la previsione di un’esenzione per le spese di trasporto, con alcuni limiti, anche nel caso in cui il lavoratore utilizzi mezzi personali; invece, per quanto riguarda il vitto, c’è una disciplina simile alla nostra, con l’esenzione totale per i servizi di mensa e quella parziale dei ticket restaurant.
Francesca Barbieri – Il Sole 24 Ore – 21 dicembre 2015