Marco Zatterin. Nel 2012 l’aria inquinata ha provocato in Italia 84.400 morti premature. E’ un dato terribile soprattutto perché, a leggere il rapporto diffuso ieri dall’Agenzia europea dell’ambiente (Aea), stavolta siamo la terra dei record e oltre un quinto dei decessi anticipati dell’Ue si verifica nelle nostre regioni. Il male colpisce in particolare nella Pianura Padana, ma nessuna città è davvero immune dall’ossigeno contaminato. «L’inquinamento riguarda tutti», ha detto il premier Renzi alla Conferenza sul Clima di Parigi. A noi però, se i numeri sono quelli che sono, ci riguarda un po’ più da vicino.
Il documento dell’Aea racconta una storia che non sorprende. L’inquinamento atmosferico è il principale fattore di rischio ambientale per la salute in Europa, poiché riduce la durata di vita delle persone e contribuisce alla diffusione di patologie cardiache, problemi respiratori e cancro. Il nemico è invisibile, anche se la fascia di smog che avvolge periodicamente alcune nostre aree urbane, soprattutto nel Nord, fa ben intendere quando c’è ancora meno da star allegri. Per il resto, poco da fare. L’unica reazione può essere collettiva e a livello di sistema.
E questo è un altro problema. Nel curriculum dell’Italia ci sono in questo momento due procedure di infrazione per violazione delle direttive europee sulla qualità dell’aria, una del luglio 2014 sui limiti non rispettati delle polveri sottili Pm10 e una del maggio scorso per il biossido di azoto. A queste si aggiunge la condanna pronunciata dalla Corte di Giustizia Ue perché dal 2005 al 2009 non abbiamo rispettato le norme di sicurezza per ancora per i Pm10. Bruxelles ha in buona sostanza cercato di farci rispettare gli impegni che abbiamo preso. Con scarsi risultati, sinora.
Gli inquinanti problematici sono tre: il particolato (PM), l’ozono troposferico presente nei bassi strati dell’atmosfera (O3) e il biossido di azoto (NO2). Le stime dell’Aea sull’impatto sulla salute associato all’esposizione di lungo termine al PM 2,5 rivelano che questo inquinante è stato responsabile di 432 mila morti premature in Europa nel 2012 (59.500 in Italia), un livello analogo agli anni precedenti. Le conseguenze dell’esposizione a NO2 e O3 sono state rispettivamente 75 mila (21.600 da noi) e 17 mila (3.300) decessi prematuri. Se non bastasse, un effetto nocivo è stato misurato in modo evidente su vegetali ed ecosistemi.
In Italia colpisce anzitutto il biossido di azoto. E’ un gas bruno sprigionato dal traffico, come da impianti di riscaldamento, centrali di energia e processi industriali. L’area più scossa delle micropolveri è la Pianura Padana, da Brescia, Monza, Milano, sino a Torino, centri che oltrepassano il limite Ue di una concentrazione media annua di 25 microgrammi per metro cubo d’aria, soglia sfiorata da Venezia. Considerando il livello più basso raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanità (10 microgrammi per metro cubo), il contesto italiano peggiora sensibilmente, a Roma, Firenze, Napoli, Bologna. Va male anche Cagliari, nonostante il mare e il vento. I grandi impianti si sono dimostrati più forti della Natura.
La Stampa – 1 dicembre 2015