Michele Bocci, da Repubblica. LA diffidenza verso i vaccini aumenta e, unita a falsi allarmi e disorganizzazione delle Regioni, ha riportato l’Italia indietro di 15 anni. Era dal 2000 che gli anziani coperti contro l’influenza non rappresentavano meno della metà del totale. Nella stagione scorsa, la 2014-2015, si è di nuovo scesi sotto quel limite, fermandosi al 48,6%.
E anche quest’anno le cose non vanno affatto bene, come sottolineano dall’Istituto superiore di sanità. La campagna doveva iniziare il 15 ottobre ma va a rilento, ci sono Asl che non hanno ancora consegnato il vaccino ai medici di famiglia, o lo hanno fatto da poco. Inoltre, le temperature fino a qualche giorno fa sono state piuttosto alte e molte persone hanno rimandato l’iniezione perché l’arrivo della malattia stagionale appariva ancora lontano. E così si teme un flop. Se si accosta il calo osservato di recente anche per le vaccinazioni pediatriche, scese tutte sotto la soglia di sicurezza del 95% di copertura, l’Italia ne esce come un Paese che ha problemi seri in fatto di cultura della prevenzione sanitaria.
L’effetto collaterale più preoccupante del calo della vaccinazione contro l’influenza, secondo ministero alla Salute e Istituto, è l’aumento delle morti provocate direttamente dalla malattia o da sue complicanze. L’anno passato è stato molto particolare, perché a fine novembre, in piena campagna vaccinale, dall’Aifa è partito un allarme dopo delle morti segnalate come sospette da alcuni medici di famiglia. C’è stato un periodo di blocco per verificare la presenza di eventuali impurità neimedicinali che ha spaventato molte persone e fatto calare l’adesione alla vaccinazione, che infatti tra chi ha più di 65 anni è scesa di circa il 13% in un anno solo (passando dal 55 al 48%). E facendo riferimento a dieci anni fa, la riduzione è ancora più impressionante, visto che nel 2005 si viaggiava intorno al 68%, una percentuale che assicurava una circolazione del virus ridotta tra le persone a rischio.
Se si valuta la popolazione generale, che tiene conto anche delle altre categorie a rischio come malati cronici e bambini affetti da certe patologie, la riduzione è più o meno identica (si passa dal 15 al 13% di copertura). Nel 2014-2015, ha mostrato uno studio sempre dell’Istituto, ci sono stati 156 morti provocate direttamente dall’influenza. Ma se si calcolano le complicanze, e si osserva qual è stata la mortalità generale rispetto a quella attesa, si stimano 8mila decessi connessi alla malattia virale, circa mille in più rispetto alle stagioni precedenti che possono essere fatti risalire al calo di copertura. I dati non possono essere presi come oro colato, anche perché è impossibile arrivare ad essere certi del motivo ultimo di decessi che possono essere dovuti a svariate cause contemporanee, ma danno un’idea della situazione.
Il sistema di monitoraggio dell’influenza sta già vedendo i primi casi di malattia. Sono ancora molto pochi, il picco è atteso tra fine gennaio e febbraio. Fa tirare un respiro di sollievo agli esperti il fatto che, quest’anno, i 4 ceppi della malattia sono abbastanza simili a quelli della passata stagione. Di solito questo significa un numero di malati in linea con gli anni precedenti, perché chi ha preso la malattia nel 2014-2015 è probabile che non si ammali di nuovo, visto che il suo sistema sanitario la “conosce” già. Il punto però è che si riduce comunque la cultura vaccinale e quando arriverà una stagione con un virus più violento e “sconosciuto” si rischia un disastro. Ritiene comunque importantissimo fare il vaccino, anche per evitare rischi immediati, Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore di sanità: «Oltre a ridurre la possibilità diretta di gravi complicanze, talvolta letali, il medicinale è in grado di ridurre il rischio di eventi cardiovascolari, come mostrato da studi sperimentali ed osservazionali condotti in diversi gruppi di popolazione ». L’Istituto quest’anno ha anche portato copiosa letteratura scientifica a supporto della sicurezza del vaccino anti influenzale, perché vuole affrontare di petto i tanti che lo ritengono pericoloso o del tutto inutile: «tanto che sarà mai, basta staresene una settimana malati a casa». Ricciardi respinge questa visione. «I cali di copertura nel nostro Paese – dice – sono un fenomeno collegato alla paura e alla diffidenza generalizzata nei confronti dei vaccini. Non vedo molte differenze in questo senso tra prodotti pediatrici e per l’influenza, è solo una questione di età. Per i bambini sono i genitori ad essere sospettosi, a temere danni, gli anziani fanno da soli». Di fronte a una opposizione sempre più convinta e diffusa, sarà difficile risalire la china.
Repubblica – 26 novembre 2015