Il rapporto dell’European House-Ambrosetti evidenzia anche la persistenza di forti differenze a livello regionale che “se non adeguatamente affrontate rischiano di compromettere anche lo stato di salute futuro della popolazione. Investire di più in prevenzione e assicurare che il finanziamento della sanità sia fissato in modo da mantenere (almeno) costante il rapporto spesa/PIL”.
“In Italia dunque si spende in sanità decisamente meno rispetto ai Paesi europei più direttamente confrontabili con il nostro Paese e i divari stanno crescendo nel tempo”. È quanto emerge dall’analisi dell’X Rapporto Meridiano Sanità della European House Ambrosetti presentato oggi a Roma.
Il rapporto introdotto da Valerio De Molli Ad di The European House-Ambrosetti come di consueto ha scattato una fotografia delle performance sanitarie italiane ed europee mettendole a confronto attraverso il Merdiano Sanità Index. Quest’anno inoltre si è anche valutato come il contenimento della spesa sanitaria pubblica nel tempo ha compromesso le performance del sistema sanitario nazionale. E i dati, infatti, non sorridono, rispetto all’anno scorso l’Italia rispetto ai paesi dell’Ue 14 ha perso una posizione (dal 9° al 10° posto). Un peggioramento che dello stato di salute che se unito all’evoluzione del quadro demografico ed epidemiologico rischiano di portare la spesa sanitaria pubblica al 9,9% del Pil nel 2050 (la previsione dello scorso anno era di 9,5% del pil al 2050).
Il Meridiano Sanità Index – che valuta 4 diversi ambiti – mostra come il Paese ha ottenuto: ? performance superiori alla media europea nell’area “Stato di salute della popolazione”, sebbene ci siano criticità legate ai fattori di rischio per i bambini (obesità e sedentarietà) e all’aspettativa di vita in buona salute; ? performance in linea con la media europea nelle aree “Efficienza e appropriatezza dell’offerta sanitaria” e “Qualità dell’offerta sanitaria e responsiveness del sistema”; ? performance nettamente inferiori alla media europea per l’area “Capacità di risposta ai bisogni di salute” che monitora i tassi di copertura vaccinale (per bambini e anziani) e il tasso di copertura degli screening, il consumo di farmaci innovativi e i posti letto per long term care.
Le criticità maggiori riguardano i fattori di rischio per i bambini e l’aspettativa di vita in buona salute che è in calo. Aree nebulose anche per il tasso di copertura delle vaccinazioni, l’accesso alle innovazioni farmaceutiche, i posti letto nelle Rsa. Negativo anche il dato sul consumo di antibiotici, sulla soddisfazione dei pazienti e sull’informatizzazione.
La spesa sanitaria italiana a confronto con gli altri paesi Ue. I dati sulla spesa sanitaria che permettono di fare confronti internazionali – quelli pubblicati dall’OCSE nel report Health Statistics 2015 – fissano la spesa sanitaria pro capite totale (pubblica e privata) in Italia a quota 2.355 euro (valore espresso a parità di potere d’acquisto, anno 2013). Il confronto con la Germania, la Francia e il Regno Unito e con la media europea (UE- 14) evidenzia un divario molto rilevante, compreso tra il 13% con il Regno Unito e oltre il 51% con la Germania. Se questa fotografia fosse stata scattata nel 1990 la situazione sarebbe stata molto diversa, con la spesa pro capite degli italiani superiore del 25% rispetto a quella inglese, pressoché allineata a quella francese e inferiore a quella tedesca del 25%, la metà rispetto ad oggi.
Le difformità regionali. “Le criticità riscontrate – si legge nel report -, se non adeguatamente affrontate rischiano di compromettere anche lo stato di salute futuro della popolazione. A fronte della performance media dell’Italia nel confronto europeo, si registrano forti difformità a livello regionale”. Il Meridiano Sanità Regional Index – indice di valutazione multidimensionale delle performance dei sistemi sanitari regionali – mostra che ci sono aree di indagine in cui le disomogeneità regionali sono più accentuate che in altre. Ad esempio, per quanto riguarda l’area dell’”Equità e della Capacità di risposta ai bisogni di salute”, ossia la dimensione che più ci penalizza rispetto ad altri Paesi europei, il livello di difformità è il maggiore registrato. Questo indica che la performance media nazionale viene drasticamente ridimensionata dalle Regioni del Sud che sui temi della prevenzione, di gestione degli anziani e delle cronicità e della equità del sistema devono compiere molti passi in avanti. C’è una relazione molto forte tra la ricchezza di una Regione (PIL pro-capite), le risorse che essa destina al settore della Salute e i risultati di performance che il sistema sanitario pubblico ottiene.
Le proposte di Meridiano Sanità. Per invertire occorre “tornare ad investire in sanità” perché ciò “rappresenta un indirizzo strategico prioritario per il Paese, in considerazione del fatto che mantenere elevati livelli di salute e qualità della vita delle persone costituisce anche un elemento imprescindibile per lo sviluppo e la crescita economica del Paese. Più nello specifico, Meridiano Sanità individua nell’investimento in Prevenzione (P) e in Innovazione (I) i due capisaldi per generare Valore (V) per il sistema Paese, oggi e in futuro. Questo approccio può essere sintetizzato in una semplice equazione: P + I = V Per ciascuno dei due addendi, tra loro fortemente sinergici e correlati, sono state elaborate alcune indicazioni di policy sanitaria e proposte concrete, con riferimento all’impostazione strategica che Meridiano Sanità suggerisce di adottare, gli strumenti operativi da implementare e le possibili fonti delle risorse economiche aggiuntive necessarie.
Prevenzione. Alcuni dati recenti indicano un preoccupante deterioramento delle coperture vaccinali pediatriche che può portare rapidamente alla ricomparsa di gravi malattie infettive, altri confermano il ritardo della diffusione degli screening con un’accentuata diversità tra le Regioni. La spesa in prevenzione, come indicato da AGENAS, è stata pari a 4,9 miliardi di euro nel 2013, valore pari al 4,19% del totale, il che significa, rispetto ad un obiettivo del 5% stabilito nei LEA, un sotto-finanziamento di circa 1 miliardo. Questo nonostante le evidenze scientifiche sostengano da tempo il valore della prevenzione (primaria, secondaria, terziaria) e gli studi di farmaco-economia abbiano evidenziato ripetutamente profili di costo-efficacia particolarmente positivi per le attività di prevenzione.
Meridiano Sanità propone un approccio strategico per la prevenzione, che prevede di:
-Riconoscere il ruolo determinante della prevenzione e della promozione e tutela della salute per lo sviluppo sociale, la crescita economica e la sostenibilità del welfare e diffondere tale visione in «tutte le politiche».
-Combattere le malattie infettive («vecchie» e «nuove») e ridurre i fattori di rischio per le patologie croniche non trasmissibili ad «alto impatto» sul sistema in termini di salute e di costi sanitari (in primis malattie cardiovascolari, tumori, diabete).
A livello più operativo, occorre:
-Lanciare una campagna informativa autorevole e chiarificatrice di comunicazione sull’importanza, il valore e la sicurezza delle vaccinazioni.
-Implementare il nuovo Piano Nazionale della Prevenzione Vaccinale in modo omogeneo e monitorarne l’applicazione e i risultati.
-Aumentare l’estensione e ridurre le disomogeneità regionali dei programmi di screening
– Individuare e diffondere le soluzioni più efficaci (sia tra i programmi di modifica dei comportamenti che tra le soluzioni terapeutiche innovative) per la riduzione dei fattori di rischio modificabili (sedentarietà, fumo, sovrappeso e obesità, sindrome pre-metabolica, ipertensione, ipercolesterolemia, ecc.) delle patologie ad «alto impatto».
Sul fronte delle risorse economiche è necessario:
-Vincolare il livello minimo di finanziamento del 5% della spesa sanitaria (attualmente è pari al 4,2%) per le attività di prevenzione e istituire un fondo nazionale per le vaccinazioni per salvaguardare la salute del singolo e della collettività come richiesto dagli organismi europei e in base al Piano Nazionale Vaccinazioni.
-Trattare le spese per interventi di prevenzione con un rapporto costo-efficacia particolarmente favorevole (vaccini, screening, terapie eradicative) come spese per investimenti, ovvero non considerarle tra le spese correnti e tra i vincoli del Patto di Stabilità.
-Individuare fonti di finanziamento innovative di carattere pubblico-privato
Innovazione. Passando al tema dell’innovazione, in particolare quella legata ai farmaci, in Italia emerge un vero e proprio paradosso. Da un lato, se consideriamo la disponibilità e il consumo di nuovi farmaci approvati dall’Agenzia Europea del Farmaco (EMA), in Italia il divario con i principali Paesi europei è enorme. Per i farmaci introdotti in Italia nel 2014, infatti, il consumo registrato è stato inferiore del 91,2% rispetto alla media di Germania, Francia, Regno Unito e Spagna. Per quelli introdotti da due anni (2013) il consumo è stato inferiore dell’81,6%. Il differenziale rimane elevato, pari al 66,7%, anche se si considerano i farmaci introdotti da tre anni (2012) e solo per quelli introdotti da 5 anni la differenza si riduce al 16,5%. Si tratta non solo di ritardi causati da impedimenti burocratici e duplicazioni procedurali, ma anche e soprattutto dovuti a vincoli che ne limitano l’utilizzo a seguito dell’autorizzazione. In questo modo il nostro sistema sanitario di fatto utilizza in misura molto ridotta rispetto agli altri Paesi il frutto dell’innovazione del settore farmaceutico, che invece rappresenta un asset strategico di enorme importanza per valore prodotto in termini di outcome di salute e di capitale economico e cognitivo per il sistema. Infatti, il settore farmaceutico rappresenta un volano in grado di trainare crescita, produttività e innovazione, un settore capace di attrarre investimenti, soprattutto dall’estero, con un elevato grado di innovazione, una leva cruciale per il rilancio della manifattura italiana e per la sua sostenibilità nel lungo periodo.
Meridiano Sanità assegna un ruolo strategico all’innovazione in Sanità, non solo con riferimento al comparto farmaceutico, e ritiene prioritario:
-Salvaguardare l’innovazione (tecnologica, organizzativa, gestionale, ecc.) e favorire la diffusione e l’utilizzo dei risultati degli sforzi di R&S delle imprese che operano nel settore, valutandone correttamente gli impatti positivi a livello di sistema, oltre i «confini della sanità» e anche nel medio-lungo termine, superando così logiche di silos e visioni di breve periodo.
-Cogliere le opportunità offerte dalla digitalizzazione delle attività e dei processi e dalla gestione dei Big Data in sanità, per migliorare l’efficacia e l’efficienza dello studio, monitoraggio, prevenzione e cura delle patologie.
A livello operativo occorre:
-Rafforzare l’attività di HTA a livello centrale, in coordinamento con i network europei; diffondere a livello locale cultura e strumenti basati sulle logiche di HTA, per valutare una tecnologia all’interno dei percorsi e rilevarne correttamente anche gli impatti gestionali e organizzativi.
-Semplificare il modello di governo della spesa farmaceutica, eliminando i tetti di classe e prodotto e utilizzando sistemi di value based reimbursement.
-Individuare nuovi modelli di partnership e collaborazione pubblico-privato sia nell’ambito della ricerca e sviluppo clinico che dell’accesso dei nuovi farmaci (managed entry agreements).
-Introdurre meccanismi di monitoraggio dell’accesso effettivo all’innovazione farmacologica (ad esempio la percentuale di pazienti trattati con farmaci registrati negli ultimi 12 mesi) e stabilire degli obiettivi da raggiungere per colmare il divario con gli altri Paesi europei.
– Implementare gli strumenti di sanità digitale, telemedicina e mobile, per migliorare l’accessibilità e garantire la continuità delle cure.
Infine, con specifico riferimento alle risorse economiche, è necessario:
-Anche in considerazione delle stime di crescita del PIL elaborate per i prossimi anni (positive anche se più modeste rispetto ad altri Paesi dell’UE), assicurare che il finanziamento della spesa sanitaria cui concorre lo Stato sia fissato in modo da mantenere (almeno) costante il rapporto spesa/PIL, a differenza invece di quanto attualmente previsto dal MEF, al fine di poter disporre di risorse aggiuntive necessarie per fronte ai bisogni di salute emergenti, tra cui la cura di patologie ad alto impatto economico e sociale attraverso i nuovi farmaci in arrivo sul mercato.
-Garantire la certezza di una programmazione pluriennale e definire criteri, tempi e regole trasparenti sul finanziamento della spesa farmaceutica.
-Adottare forme di finanziamento della sanità integrative di quelle erogate dal SSN per la copertura delle prestazioni escluse dai LEA (oggi e in futuro) e impiegare le risorse liberate per nuovi investimenti per l’innovazione in sanità.
Investire in Sanità secondo gli approcci sopra descritti consentirebbe di creare valore a più livelli, oltre la sfera della salute delle persone e il comparto della sanità. Tra i risultati di un tale approccio infatti è possibile attendersi:
-il miglioramento degli outcome sanitari e dell’aspettativa di vita in buona salute dei cittadini;
-il contenimento dei costi sanitari attesi in futuro e miglioramento della sostenibilità economica dell’intero sistema di welfare;
-l’aumento della produttività lavorativa delle persone e un contributo alla crescita economica;
QS – 10 novembre 2015