Quattro interventi, piccoli ma significativi, in attesa delle misure sulle pensioni flessibili annunciate per il prossimo anno. Il pacchetto previdenza della manovra 2016 parte dall’avvio di un programma sperimentale di part-time volontario e incentivato a favore di lavoratori che si trovano a pochi anni dal requisito di vecchiaia, conferma la salvaguardia per gli «ultimi» esodati e la possibilità di adesione all’«opzione donna» per le lavoratrici con 58 anni e 35 di contributi entro fine anno. Ultima misura spuntata dopo il Consiglio dei ministri l’elevazione della soglia della “no tax area” per i pensionati poveri.
Oggi su tutti questi interventi si dovrebbero conoscere i dettagli dal ministro Giuliano Poletti. La “no tax area” per gli over 75enni passa da 7.500 euro a 8mila euro, equiparandola sia pure su un décalage differente a quella dei redditi da lavoro. Mentre per i pensionati sotto i 75 anni la “no tax area” aumenta da 7.500 euro a 7.750 euro. In sostanza la misura si tradurrebbe in un primo abbozzo degli 80 euro al mese riconosciuti ai pensionati poveri che il Governo aveva promesso.
Sul part-time incentivato lo schema dovrebbe essere confermato a favore dei lavoratori con 63 anni e sette mesi i quali, l’anno venturo, su intesa individuale con l’azienda, potranno optare per un orario ridotto al 50% ricevendo in busta paga la contribuzione netta che il datore avrebbe versato all’Inps con il tempo pieno. Il reddito dovrebbe così stabilizzarsi sul 65% dell’ultima busta paga intera, mentre la contribuzione figurativa integrale viene pagata dallo Stato. Si parla di un finanziamento di 100 milioni (ma nella nota del Governo non veniva cifrata alcuna risorsa) per il debutto della misura: un decreto ministeriale ne definirà i dettagli attuativi ma è immaginabile che scatterà il meccanismo a rubinetto ovvero, esaurita la dote sui primi beneficiari, si salta all’anno successivo. Per i datori non scatta alcun obbligo di assunzione aggiuntiva sui part-timer che si attivano, a differenza di quanto previsto dal meccanismo della solidarietà espansiva del Jobs Act.
Le altre due misure sono la conferma degli impegni che il Governo aveva preso nelle scorse settimane in parlamento. L’«ultima» salvaguardia per circa 24mila esodati rimasti esclusi dalle sei operazioni di tutela precedenti dovrebbe costare 1,2 miliardi. La cifra non impatta sulla manovra perché si determineranno autorizzazioni di spesa prospettiche dopo la ricognizione sulle «spese minori» che si sono determinate sulle salvaguardie passate (due su sei sono ancora aperte).
Dovranno invece essere coperte con la Stabilità 2016 i pensionamenti che si verificheranno con la conferma fino a fine anno dell’«opzione donna», ovvero la possibilità di ritiro anticipato con 58 anni e 35 di versamenti per lavoratrici che maturino il requisito entro dicembre (la platea potenziale è di 30mila soggetti). Il costo di questo anticipo, per il quale scatta il ricalcolo integralmente contributivo dell’assegno, è di 160-170 milioni per l’anno venturo, che salirebbe fino a quota 2-2,2 miliardi cumulati entro il 2020. L’altra misura da finanziare in manovra (500 milioni circa) è per la maggiore spesa a regime determinata dal decreto adottato nel luglio scorso dopo la sentenza della Consulta che ha bocciato le indicizzazioni sulle pensioni superiori a tre volte il minimo.
Davide Colombo – 16 ottobre 2015