Sulla riforma della contrattazione i sindacati restano divisi. All’indomani dell’annuncio del presidente di Confindustria che aveva dichiarato «chiuso» il tavolo interconfederale per «assenza di margini di manovra», ieri sono emerse nuovamente le distanze tra le tre confederazioni.
Annamaria Furlan (Cisl) è decisa a far ripartire il tavolo tra le parti sociali per non lasciare la partita in mano al governo; in mezzo la Uil di Carmelo Barbagallo, pronta a sedersi al tavolo, chiede segnali dai tavoli in corso per il rinnovo dei contratti. Mentre Susanna Camusso (Cgil) considera prioritaria prima la chiusura dei contratti ed ha attaccato Squinzi: «La dichiarazione di Confindustria è straniante. Se non fosse un tema serissimo – ha detto – bisognerebbe dire siccome il pallone non è quello con cui gioco io allora non gioco più e me ne vado, come se le trattative fossero dei luoghi in cui uno fa la sua proposta e se la controparte non è d’accordo con quell’ipotesi allora non si gioca più». Nella replica il presidente di Confindustria ha ricordato i tentativi proseguiti per mesi al tavolo di confronto (si veda l’articolo nella pagina di fianco).
Il botta e risposta evidenzia come restino profonde le distanze tra le parti sociali e tra gli stessi leader sindacali, come è emerso nella conferenza stampa convocata ieri mattina per presentare il nuovo segretario generale della Ces (la confederazione europea dei sindacati), Luca Visentini, che non sono state appianate neanche nel vertice a porte chiuse che si è svolto subito dopo. In questo quadro il governo attende che riparta il dialogo sulla contrattazione tra gli industriali e i sindacati: «aspettiamo, ma non potremo aspettare in eterno», è il monito del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Chiuso il capitolo “legge di stabilità” il governo intende elaborare una proposta da presentare alle parti sociali, se nel frattempo non avranno raggiunto un accordo complessivo. «Abbiamo bisogno di una contrattazione più vicina alle imprese, al territorio – ha aggiunto Poletti -. Più caricata dal punto di vista della produttività. O le parti sociali troveranno il modo di far ripartire questo confronto e produrre un’intesa, oppure il governo si prenderà la propria responsabilità cercando di interpretare l’interesse generale del Paese». L’intervento legislativo del governo, oltre al capitolo della contrattazione – in direzione di un deciso sviluppo dei contratti decentrati – si estenderà al tema della misurazione della rappresentanza sindacale, della partecipazione dei lavoratori all’impresa e del salario minimo. Più nello specifico, la delega sull’introduzione del compenso orario minimo per il lavoro subordinato e le collaborazioni, nei settori non coperti dalla contrattazione, non è stata esercitata dal governo proprio per dar modo alle parti di trovare un’intesa. Ma Palazzo Chigi potrebbe spingersi anche più in avanti.
Prospettiva che preoccupa i sindacati, soprattutto la Cisl, perché metterebbe a rischio la contrattazione nazionale: «Sta a noi ricercare l’accordo per definire il nuovo modello contrattuale – ha detto Furlan – non possiamo delegare la materia al governo, significherebbe aprire all’introduzione del salario minimo per legge col rischio di abbassare i minimi contrattuali. La contrattazione è la ragion d’essere del sindacato, nessuno può sottrarsi al confronto». In una posizione mediana la Uil: «Siamo pronti a riaprire la discussione – ha detto Carmelo Barbagallo – ma Confindustria non si aspetti sconti perché dobbiamo rispondere a 7 milioni di lavoratori che, nel pubblico e nel privato, attendono il rinnovo del contratto». Per Susanna Camusso «si discuta ai tavoli contrattuali perché i contratti vanno rinnovati e quelli sono i luoghi per parlare, il tema della trattativa è come rivalutare i salari». Prima di lei era intervenuto Visentini, per sottolineare il diverso approccio, rispetto alle posizioni espresse in passato dagli organismi internazionali, del presidente della commissione Ue, Jean Claude Juncker che «in più occasioni ha insistito sul ruolo centrale del contatto nazionale e il ruolo che esso ha sulla produttività».
Un appello alla ripresa del dialogo è stato lanciato dalla vicepresidente del Senato, Valeria Fedeli (Pd): «Nessuno può sottrarsi a questa sfida, pena la perdita dell’autonomia negoziale delle parti, un colpo forte prima di tutto per i lavoratori – ha detto-. La rinuncia ad affrontare questo tema rischia di metterli ai margini di scelte che li riguardano e hanno bisogno di una visione innovativa». Per Fedeli «la riforma della contrattazione è cruciale: vanno trovate le modalità per avvicinare la contrattazione ai luoghi di lavoro per promuovere un nuovo approccio al welfare, alla partecipazione dei lavoratori alle scelte delle imprese, per promuovere il loro coinvolgimento nell’aumento della produttività e quindi nella distribuzione dei frutti di questa maggiore competitività».
Infine, sul versante dei negoziati in corso, ieri nella sessione tecnica per il rinnovo del Ccnl degli alimentaristi Federalimentare ha ribadito «l’inderogabilità dell’applicazione delle regole del Jobs act» ai sindacati che chiedevano una modifica della legge. «Dovremo condividere con i sindacati gli strumenti (aumento della produttività, flessibilità) necessari a creare competitività e ricchezza e non limitarci a parlare di come suddividere una ricchezza che non c’è», ha detto il vice presidente Leonardo Colavita.
Giorgio Pogliotti – Il Sole 24 Ore – 8 ottobre 2015