«Devo purtroppo comunicare che non siamo in grado di fare previsioni sui tempi di erogazione del contributo perché non c’è sufficiente disponibilità di cassa»: di missive dirigenziali così, come quella letta ieri a Ferro Fini da Giovanna Negro (Il Veneto del Fare), ne stanno arrivando a centinaia fra Comuni, associazioni, consorzi, scuole, professionisti.
I cosiddetti «debiti non commerciali» accumulati dalla Regione ammontano infatti ad 1,5 miliardi. Soldi che in buona parte potrebbero essere liquidati, se non fossero bloccati dal patto di stabilità, motivo per cui oggi il vicegovernatore Gianluca Forcolin andrà a Roma a chiedere l’allentamento dei vincoli contabili, in attesa martedì prossimo di riportare in consiglio regionale un pacchetto di razionalizzazione della spesa che prevede da un lato l’abrogazione della «legge mancia» da 50 milioni e dall’altro una cura dimagrante per gli assessorati da altri 47, a cominciare da Formazione (9 milioni in meno) e Sociale (oltre 8).
Il punto era all’ordine del giorno già per questa seduta, ma è slittato proprio per verificare la risposta del governo alla richiesta del Veneto, che vuole anche capire se saranno davvero confermati i nuovi tagli statali per 50 milioni. La rissa verbale è comunque solo rinviata, come hanno lasciato intendere in aula gli accenni di Stefano Valdegamberi (Zaia Presidente) sulla «porcata approvata in una notte in cui non si veniva a capo del bilancio» e di Marino Zorzato (Area Popolare) sulla «porcheria rappresentata piuttosto dai progetti di legge della Lega per restaurare i leoni marciani e costituire fondazioni».
Trivialità per trivialità, a Palazzo sono state proferite anche raffinatezze come «l’Europa non c’entra un c… col patto di stabilità» e «il problema è che l’Italia ha accettato queste regole del m…» (copyright Antonio Guadagnini, Indipendenza Noi Veneto), giusto per dare l’idea del clima oxfordiano, peraltro prontamente stigmatizzato dal presidente Roberto Ciambetti. Andrea Bassi (Lista Tosi) chiedeva però di andare «oltre il giochetto del “non è colpa nostra”, affrontando il merito del problema, cioè l’assunzione formale di oneri che a distanza di anni non vengono onorati». A nome dell’opposizione, la risoluzione esposta dal tosiano Maurizio Conte proponeva così di «impegnare la giunta a non erogare nessun nuovo finanziamento finché non saranno pagati tutti i debiti pregressi», stilando un apposito piano di rientro da concludere entro il 2015.
L’idea è stata però bocciata, 27 a 21, dall’asse zaian-forza-leghista. «Siamo tutti d’accordo sulla necessità di saldare i creditori, ma le proteste vanno rivolte a Roma, che tiene fermo più di un miliardo di soldi nostri», ha detto Massimiliano Barison (Forza Italia). «Non accettiamo prediche da ex assessori ed ex parlamentari, questo documento è pura strumentalizzazione», ha aggiunto Nicola Finco (Lega Nord). «Evidentemente dà fastidio il fatto che solleviamo critiche, ma porteremo il caso in Quarta Commissione», ha ribattuto Stefano Casali (Lista Tosi). «L’atteggiamento della maggioranza non rispetta i princìpi di trasparenza e di responsabilità nei confronti di chi da anni attende di ricevere quanto gli spetta», hanno concordato Orietta Salemi e Francesca Zottis (Partito Democratico).
L’esposizione debitoria resta infatti aperta nei confronti di una quindicina di categorie, che a differenza dei fornitori non sono pagate per legge entro trenta giorni: per esempio i municipi (577 milioni), gli istituti scolastici (168), i consorzi di bonifica (70), i consulenti (69). «Colpa del consiglio che per anni ha drogato il bilancio di competenza per accontentare il territorio, senza considerare che intanto la cassa andava sempre più restringendosi», ha sostenuto l’assessore Forcolin. Ma adesso, con l’introduzione del pareggio di bilancio, fine della festa. E fintanto che non verrà sbloccato il patto di stabilità, mano alle forbici.
Angela Pederiva – Corriere del Veneto – 16 settembre 2015