Circa cinquecento abbattimenti all’anno e richieste danni in calo. La «linea dura» contro i cinghiali, a cinque anni dall’introduzione della possibilità di cacciare questo animale nel Veronese, sembra pagare. Nel 2014 sono finiti vittima dei fucili 502 capi, di cui 468 durante la stagione di caccia (da novembre a fine gennaio), nei territori dove si può praticare e 36 per abbattimenti «di controllo», fuori stagione e nelle zone dove i cacciatori non possono sparare.
Sempre lo scorso anno, le richieste di risarcimento pervenute alla Provincia, per danni si sono fermate a 18mila euro. Tanto per fare un paragone, nel 2013 la cifra era oltre quattro volte tanto: 87mila euro; nel 2012, 77mila e, nel 2012, oltre 95mila. Fenomeno sotto controllo, dunque, anche se la specie risulta prosperare ancora nelle Prealpi e nella Pedemontana veronese. «Gli abbattimenti non significano necessariamente che i cinghiali siano diminuiti – spiega Ivano Confortini, responsabile del servizio tutela fauna della Provincia – anche se non c’è un “censimento” vero e proprio, siamo certi che il loro numero sia ancora altissimo, soprattutto in Lessinia». Ma c’è anche chi sostiene che la riduzione delle richieste di risarcimento danni possa risentire del fatto che in molti abbiano rinunciato a farle, a causa dei ritardi (e forse per la scarsa entità) dei pagamenti.Tra le zone più interessante, dalla presenza dei cinghiali, la Valpantena e la Valsquaranto, ma anche l’alta Valpolicella: i comuni che più fanno i conti con questi animali sono Roverè, Fumane, Grezzana e anche il capoluogo, nella fascia collinare.Durante l’ultimo anno, però, questa specie è scesa anche in pianura, creando problemi nel comune di Valeggio sul Mincio. Una zona dove è possibile la caccia, tanto che, il sindaco Tosoni ha emesso un’ordinanza per l’abbattimento di alcuni esemplari.
Davide Orsato Il Corriere del Veneto – 11 agosto 2015