Il governo è a caccia di 10 miliardi per coprire le misure della prossima legge di Stabilità, ed è molto probabile che una parte dei fondi venga dalla sanità. Non ci saranno i soliti tagli lineari, confermano sia il commissario alla revisione della spesa Yoram Gutgeld che il ministro Beatrice Lorenzin, ma una parte dei risparmi derivanti dall’«efficientamento» del sistema, che Lorenzin ha sempre chiesto di reinvestire nel Servizio Sanitario Nazionale, potrebbero invece prendere altre vie.
Le misure previste dal commissario riguardano tra le altre cose gli acquisti di beni e servizi e l’appropriatezza delle prescrizioni. «Il commissario declina tutte le misure contenute nel Patto della Salute, e non posso che esserne contenta – afferma il ministro Lorenzin -. Gli interventi sono tutti in base ai contenuti del Patto, dalla maggiore efficienza alla lotta alla medicina difensiva e alla trasparenza dei dati». Dalle misure del Patto, ribadisce il ministro, possono venire dieci miliardi di euro in 3-4 anni mentre inappropriatezza prescrittiva e medicina difensiva pesano per ben 13 miliardi l’anno. Cifre che una volta recuperate dovevano servire per l’ammodernamento della sanità, ma che secondo Gutgeld «possono essere utilizzate per raggiungere gli obiettivi di finanza pubblica».
«Io mi batto perché le risorse rimangano nel sistema – sottolinea Lorenzin – poi se si riducono le tasse è evidente che questo è un beneficio di tutti. Una parte potrà andare nel ridurre le tasse ma il resto va a personale, ricerca e nuove tecnologie, e in generale a migliorare i servizi».
La ricetta indicata da Gutgeld non piace a Rosanna Dettori, Segretaria Generale della Fp Cgil. «Le ricette non sono assolutamente nuove – sottolinea Dettori -. C’è preoccupazione: dovendo tagliare 35 miliardi per il taglio delle tasse si fanno le solite scelte, si va sulla sanità e sugli enti locali che però sono già al collasso».
Una parte delle misure menzionate da Gutgeld è peraltro già “impegnata”. Alcuni provvedimenti, come la rinegoziazione dei contratti, sono stati anticipati dalla Conferenza Stato-Regioni nell’accordo dello scorso luglio per trovare 2,3 miliardi a copertura del mancato aumento del Fondo Sanitario Nazionale. Le misure sono state inserite la scorsa settimana dalla Commissione Bilancio del Senato e che vanno in aula già oggi, anche se su alcune – come l’adozione del payback, il ripiano dello sfondamento dei tetti di spesa da parte delle aziende, e la stessa rinegoziazione dei contratti – sono fortemente osteggiate.
«Noi crediamo che questo non sia possibile, ci sono problemi legali enormi – sottolinea Luigi Boggio, presidente di Assobiomedica, l’associazione che riunisce i produttori di dispositivi -. Se dovessero passare queste norme produrrebbero una tassa del 6% sul fatturato in grado di mettere in ginocchio il settore».
La spending review sarà anche necessaria per reperire risorse che serviranno però anche a disinnescare la mina di un maxi-aumento di Iva e accise da oltre 16 miliardi, eredità sotto forma di clausole di salvaguardia del governo Letta e dell’ultima legge di Stabilità. Il menù allo studio dei tecnici di Palazzo Chigi e Tesoro, guidati dal nuovo commissario Yoram Gutgled, è ricco e in parte noto (e almeno un terzo dei risparmi dovrà arrivare da una nuova sforbiciata ai ministeri da 3-4 miliardi) anche se per fissare l’entità dei singoli interventi serviranno «scelte politiche» che non dovrebbero arrivare prima di settembre.
È il caso della revisione degli sconti fiscali, già indicata nel Def e regolata con un decreto attuativo della delega fiscale, che diventerà annuale. Indiscrezioni di stampa parlano di un possibile intervento sul 2016 da 1-1,3 miliardi. Fonti di maggioranza spiegano che si potrebbe anche arrivare a 2 miliardi, ma che il tema è «molto delicato» anche perché ridurre sconti fiscali, viene spiegato, di fatto si traduce in un «aumento delle tasse» per le categorie interessate. Il faro potrebbe accendersi su trasporti e agricoltura, i settori più premiati dagli sconti (rispettivamente 3,5 e 1,7 miliardi). Al setaccio anche gli incentivi alle imprese che, secondo il Def, insieme alle agevolazioni fiscali dovrebbero riportare in casa circa due miliardi e mezzo. Una delle misure su cui l’esecutivo punta molto è quella della riduzione, e di un uso più intensivo, delle centrali d’acquisto, insieme a una accelerazione sui costi standard per i Comuni. Nel 2014 la sola Consip, che presidia circa 40 miliardi di euro di spesa della Pa ha generato risparmi per 8 miliardi. Si punta poi a tagliare la “giungla” delle partecipate
statali. Nei mesi scorsi si sono ipotizzati risparmi per 2-3 miliardi a regime. Tra i capitoli della nuova revisione della spesa ci sarà anche un assegni di invalidità, per eliminare «differenze regionali non giustificate». E si punta infine a una razionalizzazione delle forze di polizia.
Il Mattino di Padova – 27 luglio 2015