Il caldo estremo e gli sbalzi termici favoriscono la diffusione del virus. E resta alta l’attenzione per la febbre del Nilo dopo i casi degli anni scorsi. Un caso di Dengue a Vicenza. E’ una suora vicentina che opera in missione in Camerun.
«E’ stata male appena sbarcata in Italia – racconta il primario facente funzioni del reparto di malattie infettive del San Bortolo Vinicio Manfrin -. Febbre alta, forte cefalea, spossatezza generale, nausea. All’inizio il sospetto era che avesse la malaria, ma poi agli esami previsti da un protocollo regionale è emersa la verità. La religiosa aveva proprio la Dengue, una forma virale trasmessa dalla zanzara-tigre». Immediato il ricovero. «La prognosi è quella ordinaria. Si resta in ospedale una decina di giorni. Non ci sono farmaci contro questo virus. Usiamo dei sintomatici di supporto. Importante l’idratazione, oltre a un dieta liquida e a riposo assoluto. E una malattia piuttosto fastidiosa che può diventare pericolosa, addirittura letale quando esplodano complicanze come un’emorragia o uno shock. Qualche anno al San Bortolo arriviamo a vederne 4-5 casi. Si guarisce quasi sempre, ma la guardia deve restare sempre alta. Se colpisce per la seconda volta soprattutto nei bambini la situazione si può fare drammatica».
ILCALDO. Sarebbero le temperature in crescita, gli sbalzi termici sempre più estremi, le forti piogge a favorire il diffondersi di questa malattia causata dalle punture della zanzara della febbre gialla Aedes aegypti, così denominata perché scoperta per la prima volta in Egitto nel 1762. «I casi di Dengue – spiega Manfrin – saranno sempre più frequenti in Italia. Il virus non arriva solo con persone che vivono, lavorano o viaggiano nei paesi tropicali. Il caldo africano che colpisce sempre di più le nostre regioni è la condizione ideale per il proliferare della zanzara-tigre che nel mese e mezzo in cui vive può contagiare centinaia di persone». Questa calda, caldissima estate tiene in allerta lo staff di malattie infettive. I medici sono contati, solo sette (almeno quattro che negli ultimi anni hanno lasciato il San Bortolo non sono stati sostituiti), male emergenze sono parecchie e le incombenze quotidiane non finiscono mai.
LA WEST NILE. C’è da vegliare sulla rete di protezione contro la West Nile, che negli anni scorsi ha provocato numerosi casi nel Veneto, area ormai diventata endemica per questo virus simile a quello dell’encefalite da zecca e dell’epatite C, contagiando, fra l’altro, donatori di sangue e di organo. Per il momento, comunque, nessun allarme a Vicenza e in provincia. Non si segnala alcun caso di questo virus trasmesso dalla Culex pipiens, la zanzara più comune, quella che nel 2012 assediò la città a sciami dall’imbrunire all’alba, anche se un ruolo decisivo nella propagazione lo hanno gli uccelli migratori, che fungono da serbatoio dell’infezione. I controlli restano, però, serrati. Bisogna rispondere a un protocollo di sorveglianza regionale. I bacini principali dell’infezione sono il Polesine, le zone di Caorle e di Jesolo, ma Vicenza è inserita nelle zone a rischio, quelle da tenere sotto stretto controllo, tanto che una serie di trappole per monitorare la circolazione di questa fastidiosa zanzara sono state poste attorno a Quinto vicentino. Negli ultimi giorni, per effetto del calore intenso e dell’umidità la presenza della Culex si è intensificata, e occorre fare molta attenzione perché il virus del Nilo, che attualmente assieme ad un’altra malattia tropicale innescata dalle zanzare, la Chikungunya, sta imperversando negli Stati Uniti, può trasformarsi in epidemia e nelle situazioni estreme diventare anche fatale. Non esistono, infatti, ne terapie ne vaccini. Rischiano l’uomo, ancora di più i cavalli, in alcuni casi anche cani, gatti, conigli. Nell’80 per cento delle persone infette dalla Culex il virus non provoca nulla.
Il Giornale di Vicenza – 23 luglio 2015