Il governatore Luca Zaia lo sapeva e per questo, raccontano a Palazzo, fino all’ultimo ha tentato di tenerlo giù dalla sua barca, chiedendo ai Fratelli d’Italia di non inserirlo in lista. E lo sapeva anche l’assessore alla Formazione Elena Donazzan, che dopo aver formato con lui uno straordinario sodalizio politico, da qualche anno ne è diventata la principale antagonista nell’agone elettorale vicentino. Sergio Berlato non è uomo che si possa controllare facilmente.
Non è incline alla disciplina di partito. Fatica a restare nei ranghi della maggioranza. Specie se, ed è questo il caso, ritiene di aver subito un torto. Da consigliere più votato del Veneto alle ultime Regionali, il paladino del Movimento per la caccia e la cultura rurale (che è il suo vero partito, altro che quello della Meloni) si attendeva d’essere nominato in giunta senza neppure passare dal «Via», ovviamente con delega alle doppiette. E invece niente: Zaia ha fatto muro (proprio perché sapeva), concedendogli al più la presidenza della commissione competente in materia in consiglio regionale, e Berlato ha subito lasciato intendere di non averla presa bene. Non è passato in minoranza, come pure aveva minacciato, ma si sta distinguendo in una prolifica produzione di scomode interrogazioni alla giunta, la prima tranche dedicata (ovviamente) alla caccia, la seconda alla formazione professionale, destinataria «l’acerrima amica» Donazzan che sul finire della scorsa legislatura fu sottoposta ad analogo fuoco di fila sull’argomento da parte dell’ex leghista Santino Bozza, con conseguente pubblico chiarimento sui giornali. Tant’è, con le quattro interrogazioni a risposta immediata depositate ieri, Berlato torna all’attacco: «Vogliamo chiarire se i fondi destinati alla formazione vengano impiegati per formare le persone ed avviarle al lavoro o per garantire benefici alle strutture che potrebbero far parte di un sistema autoreferenziale che fagocita la maggior parte delle risorse pubbliche per mantenere in vita se stesso. In poche parole – continua Berlato – vogliamo sapere se i soldi pubblici servano per formare i giovani ed avviarli al lavoro o se servano per finanziare i formatori con strutture a volte inesistenti».
Trasparenza dei bandi per l’accesso ai fondi Ue, parità di informazione per le società che volessero partecipare, consulenti esterni o distaccati da Veneto Lavoro, il blocco delle polizze fidejussorie di Agenzia Formazione Lavoro e Accademia la Parigina, procedure di verifica per i corsi di formazione e controlli presso gli enti accreditati sono alcuni degli argomenti oggetto delle interrogazioni presentate dal consigliere dei Fratelli d’Italia.
«Abbiamo assunto l’impegno di combattere gli sprechi e portare alla luce le varie sacche di malaffare che si annidano nella pubblica amministrazione – conclude Berlato con tono sibillino – strutture che fagocitano ingenti quantità di risorse pubbliche a danno della collettività. Come abbiamo fatto chiedendo venisse fatta piena luce nelle opere pubbliche, continueremo coerentemente nella nostra battaglia. Dopo il caso Mose e le zone d’ombra del “Project financing alla veneta“ chiediamo che si faccia piena luce sull’utilizzo delle risorse pubbliche destinate alla Formazione professionale in Veneto».
Ma.Bo. – Il Corriere del Veneto – 17 luglio 2015