Il nuovo regime sui prodotti biologici emerso dal Consiglio dell’Unione europea raccoglie pareri tiepidi. L’Alleanza delle cooperative italiane parla di “luci e ombre” nella riforma, mentre l’associazione dei consumatori Codici parla di un nuovo bio che sarà “meno bio” perché “la riforma dei controlli che dovrebbe essere varata prossimamente in sede europea – dice l’associazione – non assicura la veridicità della produzione priva di pesticidi e contaminazioni chimiche”.
I punti principali su cui si è trovato l’accordo nei giorni scorsi riguardano una modifica del regime di importazione dei prodotti biologici, con l’introduzione del regime di conformità, e l’introduzione del certificato di gruppo per facilitare l’accesso alle piccole aziende produttrici. Allo stesso tempo, la stessa Italia ha chiesto di migliorare il testo rendendo più stringenti le procedure di controllo in caso di contaminazioni di sostanze non ammesse nei prodotti biologici. Su questo punto la proposta non è stata infatti considerata soddisfacente.
“Il compromesso sulla riforma del biologico che è stato firmato dal Consiglio dei Ministri Agricoli della Ue sotto la Presidenza lettone presenta a nostro avviso luce ed ombre – commenta il Coordinatore del Settore biologico dell’Alleanza delle cooperative agroalimentari, Andrea Bertoldi, in merito alla riforma dell’agricoltura biologica che si appresta ora a passare all’esame del Parlamento Europeo – Positivo è senz’altro l’aver raggiunto due risultati rilevanti: il mantenimento delle norme sui controlli all’interno del regolamento del biologico e l’applicazione del regime di conformità, in base al quale le stesse norme produttive europee saranno applicate anche nei Paesi importatori con i quali verranno via via sottoscritti accordi di reciprocità”. “L’accordo siglato a Lussemburgo – prosegue Bertoldi – non ci trova tuttavia pienamente soddisfatti perché lascia tuttora irrisolta la questione della presenza di sostanze e prodotti non autorizzati nei prodotti biologici, materia sulla quale manca di fatto un’armonizzazione a livello comunitario, dal momento che solo l’Italia e pochi altri Paesi hanno deciso di fissare per legge una soglia massima di contaminazione”.
Per Codici l’accordo che è stato raggiunto non rappresenta una buona notizia per i consumatori che vedono e cercano nel biologico la risposta a una domanda di alimentazione sostenibile. Dice l’associazione: “La riforma dei controlli che dovrebbe essere varata prossimamente in sede europea non assicura infatti la veridicità della produzione priva di pesticidi e contaminazioni chimiche. Il dossier normativo dovrebbe entrare in vigore a partire dal 2017 e sembra voglia mantenere la molteplicità attuale dei controllori. Ad oggi infatti la certificazione è ad opera di enti privati, riconosciuti dal ministero delle Politiche Agricole, che sono però pagati dai produttori. Questa enorme varietà di attori genera non pochi conflitti con il logo biologico dell’UE ai danni del consumatore che sugli scaffali trova una scelta più che mai molteplice”.
Il problema è rappresentato dalla titolarità dei controlli. “Non è possibile continuare a lucrare sull’attenzione dei consumatori verso il biologico. Comprare biologico costa a volte il 20% – 30% in più. La soluzione potrebbe essere la previsione da parte della Commissione di un unico soggetto nazionale che per ciascun Paese certifica la regolarità e i controlli sul ciclo produttivo. In Italia viene facile da pensare di affidare questo compito al ministero delle Politiche Agricole tramite il Corpo Forestale dello Stato che ha disseminate sul territorio molte sedi – commentano Ivano Giacomelli, segretario nazionale Codici, e Matteo Pennacchia, responsabile agroalimentare dell’associazione – Lo abbiamo suggerito anche nel documento “Nutrire il pianeta, energia per la vita – la Carta di Milano e il punto di vista dei consumatori” che abbiamo presentato in occasione del nostro II congresso nazionale”. E non è da meno il tema dell’arrivo di molti prodotti bio da paesi extra Ue: le aree coltivate a biologico in Europa non sono cresciute quanto il mercato del bio e così si ricorre a paesi esterni all’Unione, da dove però – denuncia Codici – è più difficile avere la garanzia della qualità biologica. “Già oggi – dicono Giacomelli e Pennacchia – i controlli sui prodotti provenienti dai Paesi extra Ue sono risicati. In futuro, quello che si prevede con la riforma è che le verifiche si riducano anche per gli stati dell’Unione. Addirittura uno ogni 3 anni per quanto riguarda il sito produttivo, mentre i controlli annuali saranno solo sul registro. Di sicuro, gli esami sui prodotti extra Ue saranno delegati agli enti certificatori privati, non garantendo (vista l’enorme domanda di prodotti bio che determina il transito di merci extra UE ) la garanzia che i consumatori richiedono e pagano”.
Help consumatori – 22 giugno 2015