di Alessandro Galimberti. Il giro di vite nel trattamento penale dei reati contro la pubblica amministrazione, in vigore dal prossimo 14 giugno, è su tre versanti: misure più severe contro il soggetto “esterno”, pene più alte per il dipendente pubblico e, dal punto di vista processuale, premialità per chi si dissocia e collabora, mentre per l’imputato sconti di rito e di pena sono condizionati alla restituzione integrale del profitto illecito e anche a una (quasi) inedita “riparazione pecuniaria”.
Misure in vigore dal 14 giugno
La legge 69/2015, pubblicata sulla «Gazzetta Ufficiale» del 30 maggio 2015 n. 124, e quindi in vigore dalla metà del prossimo mese, a dispetto delle polemiche che ne hanno segnato il cammino, può rappresentare un importante passo in avanti nel processo di modernizzazione del rapporto tra Pa e mondo delle imprese e delle professioni. Proprio da qui parte la riforma, alzando il periodo di incapacità a contrarre con la Pa – da 3 a 5 anni nel massimo – per chi ha contribuito a commettere o ha beneficiato di un reato contro l’amministrazione. Anche per i professionisti la sanzione accessoria della sospensione sale dai 15 giorni fino ai due anni attuali, al minimo di tre mesi e fino a tre anni previsti dalla legge 69/2015.
Peculato, corruzione e induzione indebita
La parte caratterizzante, comunque più conosciuta, della riforma è però nelle pene edittali per peculato, corruzione e induzione indebita. Il peculato sarà punito da 4 a 10 anni e 6 mesi (aggiunta di 6 mesi rispetto al passato), la corruzione per l’esercizio della funzione sale a sei anni (oggi 5), quella per atti contrari ai doveri d’ufficio sarà compresa tra 6 e 12 anni (oggi 4-10). Pesanti anche le aggravanti specifiche: se il fatto illecito è commesso nell’ambito dei contratti con la Pa, la pena andrà da 6 a 12 anni (oggi 4-10), se in atti giudiziari si rischieranno fino a 20 anni di carcere, partendo da un minimo di 6 (oggi 5).
Patteggiamento e condizionale
Patteggiamento e sospensione condizionale della pena prendono una strada speciale per i condannati dei delitti contro la Pa. La condizionale non sarà più “semi-automatica” come oggi, ma verrà legata alla restituzione del profitto accertato, fermo restando il diritto della Pa a farsi liquidare altri titoli di danno ulteriore. Anche il patteggiamento sarà considerato «ammissibile» – e comunque sempre subordinato alla valutazione di congruità del giudice – solo se vi è stata «restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato».
Le attenuanti speciali
Debuttano, infine, le attenuanti speciali per chi si dissocia e si adopera per evitare le estreme conseguenze del reato o per assicurare la prova del delitto: per i “pentiti” è previsto lo sconto di pena da un terzo a due terzi rispetto a quello che il giudice dovrebbe infliggere nel caso specifico.
Il coinvolgimento dell’Anac
Infine, misura da tempo invocata dall’Anac, i pm che esercitano l’azione penale per reati contro la Pa devono informare l’Authority di Raffaele Cantone nel dettaglio dell’imputazione.
Il Sole 24 Ore – 3 giugno 2015