A un anno dallo scandalo Mose che ha travolto la città consegnandola nelle mani di un Commissario straordinario, Venezia affida il suo destino a un ballottaggio. Il senatore Pd ed ex magistrato Felice Casson non ha sfondato come sperava e ora dovrà vedersela al secondo turno con l’imprenditore ed ex presidente di Confindustria Venezia, Luigi Brugnaro.
Fra i due ci sono dieci punti percentuali a favore di Casson (38% contro 28%) ma il volto cupo del senatore e i musi lunghi che si aggirano nel quartier generale mestrino del Partito democratico sono più eloquenti di qualsiasi parola.
«Mi spiace per Venezia che dovrà rimanere altre due settimane senza sindaco», dice mesto pensando alla nuova battaglia elettorale che lo attende e che si augurava di evitare. Ma il 50 per cento necessario per passare è ancora lontano e per conquistarlo dovrà ora cercare alleati: «Noi abbiamo il nostro programma, chi vuole sostenerlo è il benvenuto».
Il risultato, però, brucia. Cos’è successo? «C’è stato un ciclone di nome Zaia in Regione e questo ha avuto un effetto trascinamento». La clamorosa caduta della democratica Alessandra Moretti, che correva per la presidenza del Veneto, ha un po’ portato nel burrone anche lui. «E’ stata una bella scoppola per il Pd».
E mentre Casson cerca di fare buon viso a cattivo gioco, duecento metri più in là, all’ombra della torre di piazza Ferretto, il suo rivale elettorale stringe mani e parla già da sindaco: «La mia sarà una Venezia fondata sul lavoro, sulla sicurezza, sulla pulizia. Ripartirò dal rilancio di Porto Marghera, del Lido, del vetro di Murano; voglio un’agenzia che si occupi degli investimenti e prima di tutto farò un gruppo di lavoro che individui concretamente gli obiettivi. Perché “no finissa sempre tuto a chicheti”».
Il patron dell’Umana, azienda di lavoro interinale, vorrebbe Venezia capitale del mondo. «Riscossa». «Occasione storica». I suoi esempi sono «Berlino e Boston, loro sì ci hanno saputo fare». Luigi Brugnaro ora è un fiume in piena che travolge «lo statalismo» e «il partito del no, adesso basta!». Lo slogan? «Impissemo a luce e vedemo».
Ma dalla contabilità delle urne gli mancano oltre venti punti percentuali alla fatidica soglia. «Parlerò con tutti, sono aperto a tutti anche se non sono bravo a fare alleanze». Inneggiando alla sua lista civica, diventata di colpo il primo partito veneziano, si definisce trasversale ma è chiaro che pesca a centrodestra. E la riprova è l’abbraccio del leghista Gian Angelo Bellati, candidato pure lui, che ha incamerato una doppia cifra utile alla causa (circa il 12%).
Mentre dall’altra parte Casson, che aveva già ottenuto il sostegno di una vasta area di sinistra che va dai cattolici di Tabacci e Dellai ai socialisti, ai verdi, a Stefano Rodotà, fino addirittura al leader spagnolo di Podemos, Pablo Iglesias, fa l’occhiolino al Movimento Cinquestelle, dove raccoglie da sempre molte simpatie per le sue battaglie di legalità. Ma da quella parte c’è un problema. Che gli ricorda il candidato sindaco Davide Scanu (12%): «Non faremo alleanze con nessuno. Casson poi è una foglia di fico del vecchio sistema. Beppe lo dice sempre: noi siamo post ideologici».
Insomma, la partita è ancora aperta. E Luigi Brugnaro, che è pure presidente dell’Umana Reyer, la squadra di basket veneziana, ci sguazza: «Sono sceso in campo per vincere. E adesso lasciami andare che mi aspetta la semifinale di A1 con Reggio Emilia». Per lui Venezia è un po’ come la Reyer. Ma ieri sera la Reyer ha perso di un soffio.
Andrea Pasqualetto – Il Corriere della Sera – 2 giugno 2015