Lo sapevate che gli elettori pretendono a gran voce le preferenze ma poi non le usano? O che sono sempre meno i veneti che vanno a votare ma sempre più quelli che chiedono di essere votati (e s’infilano in lista)? O che a dispetto delle promesse sulla parità di genere, le quote rosa, le liste fifty-fifty e la doppia preferenza, le donne in politica oggi sono meno che negli anni Ottanta?
Sono, queste, solo alcune delle curiosità raccolte dal politologo Paolo Feltrin e dall’Osservatorio elettorale del consiglio in vista del voto di domenica, quando poco più di 4 milioni di veneti saranno chiamati a scegliere il nuovo governatore e la sua maggioranza. Tabelle, numeri e percentuali che lette con gli occhiali giusti danno uno spaccato rivelatore dell’evoluzione politica del Veneto, dal dominio del centrodestra all’astensione dilagante. Nella notte tra domenica e lunedì una squadra di trenta persone, di stanza a Palazzo Ferro Fini, seguirà minuto per minuto lo scrutinio delle schede, dando l’affluenza ai seggi (alle 12.30, alle 19.30 e quella definitiva alle 23.30), i primi risultati parziali dei candidati presidente e delle loro liste (dopo mezzanotte), quelli definitivi (attesi tra le 5 e le 7 del mattino di lunedì), fino alla composizione del nuovo consiglio (tarda mattinata di lunedì), in sinergia con le prefetture e il ministero dell’Interno (potrete seguire lo spoglio sul nostro sito www.corriereveneto.it oltre che su quello del consiglio, www.consiglioveneto.it ). Visti gli spiacevoli precedenti, con risultati ribaltati di ora in ora tra le sfuriate dei candidati e dei segretari di partito, non sono previsti exit poll, che potrebbero però essere trasmessi dai talk show durante le maratone sulle reti nazionali e locali.
Si diceva dei 4 milioni di veneti al voto: sono un milione e 300 mila in più della prima elezione per la Regione, nel 1970, e questo soprattutto per via degli stranieri che si sono stabiliti qui (35 anni fa la città con più elettori era Venezia, che però si è via via spopolata lasciando il primato a Treviso: oggi è terzultima). Il trend di partecipazione al voto è letteralmente in picchiata, come per le Europee (reggono un po’ meglio le Politiche). Nel 1970, presidente il democristiano Angelo Tomelleri, andò a votare il 94,6% degli aventi diritto; nel 2010, presidente il leghista Luca Zaia, si precipitò al 66,4%, il dato più basso di sempre. E stavolta potrebbe andare pure peggio, visto che si vota in un giorno soltanto. Un paradosso, se si pensa che i primi governatori (ma allora non li chiamavano così) erano quasi sconosciuti al grande pubblico (raccontano che secondo un sondaggio del 1990 Franco Cremonese fosse noto sì e no al 20% dei veneti), mentre quelli di oggi sono star in grado di rivaleggiare con i leader nazionali (non è un caso che Maroni abbia preferito la Lombardia alla segreteria della Lega). Così come suona paradossale la corsa a candidarsi, come a dire: non mi fido degli altri, e non li voto, ma sono pronto a giocarmela, mettendoci la faccia (e magari puntando a 8 mila euro netti al mese): nel 1970 le liste erano 10, oggi sono 19; i candidati consiglieri erano 546, oggi sono 1.038 (tra cui 38 uscenti, ce la farà 1 su 20). Le donne, grazie alla nuova legge che impone liste rigorosamente divise a metà, sono il 45% contro il 20-25% delle scorse tornate ma le elette restano poche, pochissime: il 7%. Si fa poi un gran dire delle preferenze, «contro le dittature dei partiti, per una vera democrazia» ma nel 2010 le utilizzò solo il 35% degli elettori. Gli altri si sono accontentati della croce e tanti saluti.
Quanto al trend di voto, c’è poco da dire: dal 1995 ad oggi il dominio del centrodestra è stato assoluto, dal 38% del primo Galan, nel 1995, allo strabiliante 60% di Zaia cinque anni fa. Il centrosinistra fece il suo exploit nel 2005 con Carraro, al 42%, ma è durata poco: il giro successivo Bortolussi ha subito segnato il record negativo col 29%. Si vedrà se stavolta le urne scriveranno un finale diverso .
Marco Bonet – Il Corriere del Veneto – 27 maggio 2015