Ansa –“Parametri predisposti in modo doloso” da Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) attraverso i quali 300mila ‘mucche fantasma’ hanno gonfiato la produzione italiana di latte e contribuito a portare alle multe Ue: lo denunciano 35 allevatori veneti in un esposto a Bruxelles sullo ‘splafonamento’ delle quote per il quale l’Italia è stata chiamata a recuperare 1,3 miliardi (1995-2009). Nel documento – di cui l’Ansa ha preso visione – gli allevatori citano relazioni governative, e un procedimento giudiziario aperto.
Dopo l’archiviazione di un’inchiesta per truffa a carico di ignoti nel 2013, un procedimento sulla vicenda è ancora in corso a Roma (gip Patrizia Proto), per falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici.
Sulla denuncia presentata a Bruxelles e sul procedimento in corso in Italia (il sostituto procuratore Attilio Pisani ha chiesto l’archiviazione anche per il reato di falsità ideologica ma gli allevatori hanno fatto opposizione ed il fascicolo è tornato al gip Proto) gli allevatori fondano la speranza di scardinare quella che nel documento definiscono una “persecuzione” messa in atto per “evitare controlli approfonditi dell’Ue” e così “occultare truffe commesse sulla percezione di contributi comunitari”.
Dal canto proprio la direzione agricoltura della Commissione Ue (Dg Agri) conferma di aver ricevuto la denuncia presentata dagli allevatori nel quadro di una procedura di infrazione a carico dell’Italia (e ora nella fase del parere motivato) per la mancata attuazione del recupero delle quote latte. Il contenuto del documento “è in corso di analisi” spiegano a Bruxelles.
Della vicenda in passato si era occupato anche l’ufficio europeo antifrode (Olaf) per valutare se si potessero configurare danni per il bilancio Ue. Un caso poi abbandonato quando l’inchiesta romana per il reato di truffa era stata archiviata e la Dg Agri, per parte propria, aveva preso in mano la situazione dal punto di vista tecnico fino ad aprire la procedura d’infrazione.
Da indagini di polizia giudiziaria, condotte dal Comando carabinieri delle politiche agricole nel 2011, era emerso che l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) aveva messo a punto un “algoritmo di estrazione dei dati dall’anagrafe bovina aggiustato per approssimazioni successive, in modo da giustificare, invece di verificare la produzione”.
In particolare, era stato innalzato progressivamente il limite massimo di età degli animali fino a 83 anni, quando le mucche da latte vivono al massimo dai quattro ai sei. Il risultato ottenuto era quello di 300mila mucche in più. Mucche fantasma, così come i dodici milioni di quintali di latte che non sarebbero mai stati prodotti, dal 2007 ad oggi.
L’inchiesta per truffa era stata archiviata nel 2013 perchè, come scrisse il Gip Proto: nonostante l’Agea non avesse quantificato in modo corretto le quote latte “causando ingenti danni sia ai produttori che allo Stato italiano” per lo sforamento delle quote latte, mancava “l’ingiusto profitto” per i funzionari Agea. Così si parlò di “errore contabile”.
Ma il giudice allo stesso tempo aveva rinviato il fascicolo al pm perchè ciò che “non convince e merita approfondimento è la condotta tenuta successivamente dai funzionari Agea che per giustificare l’errore commesso, e quindi evitare responsabilità contabili, hanno chiesto la modifica dell’algoritmo, e quindi dei criteri di calcolo del numero dei capi potenzialmente da latte”. Il pm ora vorrebbe l’archiviazione, ma gli allevatori non si rassegnano e sono pronti a dare ancora battaglia.
Ansa – 7 maggio 2015